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giovedì 28 aprile 2022

Le indagini del commissario De Candia-5

 

«Mio nonno diceva sempre che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi!» disse il Santiago De Candia, che si divertiva un mondo per la reazione che suscitavano queste massime latine nel sovrintendente, che le detestava apertamente. Nondimeno cercava sempre, più che di tradurle, di trasmettere al sovrintendente il senso di quello che Zuddas intendesse dire, affinché Farci non si sentisse del tutto escluso.

Ma in realtà era un gioco delle parti, frutto della loro ordinaria interazione, quasi come due innamorati in cerca di un pretesto per litigare e potere poi fare pace.

«Ma perché non parli come mangi?» protestò infatti il sovrintendente Farci all’indirizzo del collega.

«Sarà meglio che vada subito in procura!» disse il commissario alzandosi, dopo aver dato uno sguardo al fax e averlo riposto in una cartella intestata alla sezione omicidi.

«Viene con noi al bar per un aperitivo, commissario?» chiese l’ispettore Zuddas.

«No grazie. Un’altra volta magari. Non vorrei che il procuratore, nel frattempo, lasciasse l’ufficio!»

«Di sicuro non andrà a farsi intervistare!» disse il sovrintendente Farci, riferendosi al fatto che il procuratore capo si faceva intervistare soltanto per annunciare la risoluzione di casi giudiziari di vasta eco mediatica che spesso, però, finivano nelle loro mani per una più attenta risoluzione investigativa.

Santiago De Candia interpose un sorriso di intesa e si avviò verso l’uscita.

«Et cave canem!» gli gridò dietro l’ispettore, prendendo a braccetto il collega per guidarlo verso il bar.

Il commissario si voltò e li salutò con un cenno della mano.  

Come ogni giorno a Cagliari, dopo mezzogiorno, si era levata una brezza leggera dal mare. De Candia si coprì la bocca con la sua immancabile sciarpa rossa.  Di seta leggera o di lana pesante,  se ne privava soltanto per andare al mare o quando indossava la tuta da ginnastica. Si sistemò i baffi e i capelli, già spruzzati di grigio ma entrambi ancora folti e si diresse con passo deciso in direzione del Palazzo di giustizia.

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domenica 24 aprile 2022

Le indagini del commissario Santiago De Candia-2

 

Il suo ufficio era al primo piano, e le ampie finestre si affacciavano proprio su uno degli ingressi secondari del Palazzo di Giustizia. Sulla sinistra era visibile anche l’ingresso delle ex scuole magistrali, che adesso ospitavano il liceo socio-pedagogico, o qualcosa del genere.

Ripose, come al solito,  i giornali in un cassetto della scrivania e si accomodò nella sua poltrona.

Ma sei nuovi fascicoli con altrettanti casi di omicidio, recenti e ancora da risolvere, lo aspettavano all’interno dell’armadio di sicurezza. Li prelevò e li ripose sul ripiano della scrivania. I due fratelli trovati morti nelle campagne di Settimo San Pietro. La prostituta strangolata sul litorale di Giorgino. Un corpo privo di arti e mutilato dalla voracità dei pesci restituito dal mare. Il matricidio, probabilmente per colpa di un tossico esasperato dall’astinenza e dalla mancanza di soldi per acquistare la dose, il quale  però si era dileguato chissà dove. Due ennesimi femminicidi, presumibilmente già chiusi. Uno con il suicidio del marito colpevole, l’altro con la costituzione dell’autore che si era autoaccusato dell’omicidio.

Nella consueta riunione settimanale del venerdì si era deciso con i suoi collaboratori,  l’ispettore Zuddas e il sovrintendente Farci, di cominciare a svolgere delle indagini raccogliendo a verbale delle informazioni e altre possibili prove, per ricomporre le vicende criminose in un quadro investigativo coerente e comprensibile.

Prima del vertice con il Questore, a cui partecipavano tutti i capi sezione, che si teneva a fine mattinata ogni ultimo lunedì del mese, aveva a disposizione un po’ di tempo per riprendere in mano tutti e sei i fascicoli ‘caldi’. Li definivano in questo modo, per distinguerli da quelli che ormai avevano superato i sei mesi che la legge assegnava agli inquirenti per svolgere le indagini. Il termine era prorogabile per altri sei mesi. Dopo, il fascicolo ‘si raffreddava’, e inevitabilmente finiva in una sorta di limbo, con buona pace della sete di giustizia delle povere vittime e anche dei colpevoli.

Munito di fogli protocollo a righe prendeva appunti, per ogni fascicolo, che costituivano allo stesso  tempo punto di partenza e approdo, tra un venerdì e l’altro, dello stato di svolgimento delle indagini. Strada facendo, i faldoni si sarebbero arricchiti, non solo delle sue riflessioni, ma degli apporti delle indagini svolte sul campo dai suoi due più stretti collaboratori.

Tutto ciò, naturalmente, se non ci fossero state interruzioni e contrattempi.

Dopo il vertice con il questore e gli altri capi sezione prese la via del ritorno. Restava in sede di pomeriggio soltanto il martedì e il giovedì, quando aveva il cosiddetto ‘rientro’.

A fine pasto, quando lo consumava in casa, era solito fare una siesta. Al risveglio, come ogni  lunedì, si sarebbe recato a Iglesias, a Casa Elvira, dove sua mamma aveva scelto di trascorrere la vecchiaia.

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giovedì 21 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni evidente apparenza-55

 

 

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Il lunedì successivo il commissario Santiago De Candia doveva recarsi in procura a richiedere l’emissione di un mandato di cattura per Andrea Picciau.

Il quadro indiziario era stato composto dal suo team nelle settimane precedenti.

Con l’aiuto dell’avvocato Levi anche gli ultimi tasselli del mosaico erano andati al loro posto.

Se anche l’assassino di Via Giudicessa Adelasia fosse partito per il continente le sue ore di libertà erano contate.

Adesso l’assassino col coltello in mano, già condannato dai giornali, dai programmi televisivi e dai clienti del bar Intilimani veniva scagionato in pieno.

Il commissario arrivò al bar di Tonio per la sua consueta colazione.

Gli avventori del mattino avevano già sostituito le ultime vicende di cronaca nera con la nuova impresa   del Cagliari, che era riuscito a pareggiare con la Juve, nei minuti di recupero, con un gol di Zola, di testa.

Nelle pagine interne dell’”Opinione”, il giornale più importante del sud Sardegna, nelle notizie di cronaca, un trafiletto attirò l’attenzione del commissario, quando ormai aveva già finito il suo cappuccino e si accingeva ad alzarsi per recarsi in ufficio.

La droga aveva falciato altre due giovani vite, a Olbia. Due giovani, una donna, appartenente a una famiglia molto in vista del capoluogo gallurese, e un uomo  originario di Carbonia,  erano stati trovati fulminati da un’overdose di una partita di eroina pura, arrivata recentemente in città.


Il commissario, una volta fuori, si accese una sigaretta.

Se il procuratore capo gli avesse rilasciato il mandato di cattura che gli aveva richiesto nelle settimane precedenti, forse Andrea Picciau si sarebbe salvato.

Ma era quello che avrebbe voluto davvero quel giovane uomo?

Non era forse andato incontro al suo destino?

E sua sorella Maria Grazia? Avrebbe appreso la notizia dal giornale? O l’avevano già chiamata le autorità competenti da Olbia, acquisendo il suo nominativo dai documenti di identità trovati addosso a suo fratello?

Lui l’avrebbe chiamata comunque per farle le condoglianze.

Era suo dovere farlo.

E subito dopo avrebbe chiamato Luisa Levi.

Poi sarebbe andato in Procura. Spettava a loro archiviare la pratica.

La morte aveva estinto tutto.

I ricordi, le speranze e  gli affetti.

E anche i reati commessi in vita da Andrea Picciau.

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mercoledì 20 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni apparente evidenza-54

 


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La sua non era una domanda che pretendesse una risposta. Il commissario lo avvertì dal tono supplichevole di quella voce straziata dal dolore dei ricordi. Era piuttosto un grido rivolto al mondo, al destino, all’inspiegabile e all’imponderabile dei comportamenti umani; alla fragilità degli uomini e delle donne più sensibili e più votati all’azzardo e all’avventura; o forse soltanto meno fortunati.

Santiago De Candia, per motivi di lavoro, aveva conosciuto l’ambiente della tossicodipendenza, quella legata al consumo e allo spaccio, che dai gradini più bassi e abbietti della periferia delle grandi metropoli portava su, alla catena del comando, dove il traffico di stupefacenti era un affare multimilionario, gestito dalle mafie organizzate più potenti e dalle bande armate del mondo intero: dai terroristi afghani e colombiani, alle potenti mafie cinesi e italiane.

Si era fermato per paura di finire anche lui nel vortice dello sballo, in quel mondo immaginario dove la fantasia e la realtà si confondono, dove molti, troppi giovani si rifugiano, per fuggire dalle ipocrisie e dalle finzioni di un mondo percepito come ingiusto, crudele e falso. E si era accorto che gli Stati, anche quello in cui lui credeva e che suo padre aveva servito prima di lui, in realtà non volevano davvero combattere quelle organizzazioni criminali che ormai si erano infiltrate nei gangli vitali degli apparati  statali e in combutta con gli altri capi, quelli nascosti, offrivano all’opinione pubblica, impotente e attonita, la testa di qualche luogotenente ribelle, o di qualche altro vertice ormai scomodo e compromesso per la perpetuazione della gestione del potere.

Forse la risposta agli strali di dolore della sua amica Luisa Levi e delle altre donne  che avevano visto morire i loro figli e i loro fratelli, distrutti dall’illusione e dai sogni della droga, stava nella sconfitta del mostro al  potere che dominava il mondo; e finché quel mostro fosse rimasto lì, a divorare vite umane, la droga avrebbe continuato a costituire una malattia delle anime sole, alla ricerca disperata di verità nascoste ma inesistenti o fallaci.

Con un gesto  di tenerezza e protezione,  passò un braccio intorno alle spalle di quella donna che celava delle inattese paure e delle fragilità profonde; lei ripiegò dolcemente il capo sul suo petto; il commissario notò le lacrime che rigavano silenziose il suo volto.

Istintivamente prese ad asciugare quelle lacrime aspirandole con le sue labbra, con dei baci che niente avevano di morboso ma erano piuttosto un segno per partecipare del suo dolore in maniera viscerale e diretta, quasi volesse aspirare le sue sofferenze, facendole proprie, condividendole con lei, come si dovrebbe fare quando si ama veramente.

Lei alzò lo sguardo su di lui, sorpresa ed emozionata per quel gesto innocente e protettivo.

I loro occhi si persero gli uni negli altri. Lei gli offrì le sue labbra. Lui la baciò  per suggellare quel momento di fragilità in una emozione che le trasmettesse una nuova forza. E si amarono, con grande tenerezza e col trasporto degli amanti che si incontrano senza un calcolo, non per abitudine, ma per un’attrazione casuale e misteriosa, eppure solida e perfetta, come quella  che attrae due astri che si incontrino casualmente nello spazio infinito e decidano, spinti dalle forze innate delle leggi che governano l’universo e la natura, di condividere le loro orbite, fino alla fine del mondo.

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lunedì 11 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni apparente evidenza-46

 

 


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Capitolo Tredicesimo 

Il lunedì successivo, verso le undici, il centralinista passò una telefonata al commissario De Candia. Una signora  aveva chiamato per parlare con qualcuno  della   sezione omicidi.

«Chi parla?» chiese il commissario in tono gentile.

«Sono Maria Grazia Picciau» disse una voce che mostrava una certa emozione «Si ricorda? Ci siamo incontrati   mercoledì scorso!»

«No. Credo che lei abbia incontrato  uno dei miei collaboratori, l’ispettore Zuddas. Io sono il commissario De Candia»

«Ah, sì, mi pare che si sia presentato proprio con quel nome…» la voce si arrestò di colpo, come se fosse stata in punto di dire qualcosa di imbarazzante.

«Lei è la nipote di Emma Pirastu, se non sbaglio» disse il commissario cercando di mostrarsi  affidabile e informato sui fatti.

«Sì, certo. Il suo collaboratore  mi aveva chiesto notizie di mio fratello Andrea…» aggiunse ancora la voce. Sembrava esitante; il commissario si sentì prudere il naso; aveva stabilito che questo gli succedeva sempre quando nell’aria c’era qualcosa di importante, nel bene o nel male. Il commissario attese ancora un po’ al telefono, poi chiese:

«Ha avuto notizie di suo fratello?» Cercò di modulare la voce su toni di paziente attesa.

«No, sono molto preoccupata. Venerdì pomeriggio sono andato a prenderlo in comunità, come sempre, e ho scoperto che si era assentato da un paio di giorni. Ma nessuno mi ha detto niente. Il direttore mi ha detto che un funzionario della questura di Cagliari  era stato da lui lo stesso giorno di mercoledì, ma a me era sembrato che non sapesse niente dell’assenza di mio fratello. Ho pensato che forse non si era trattato dello stesso funzionario»

Il commissario capì che stava parlando con una persona attenta e sensibile, probabilmente in preda a qualche sentimento di contraddizione, come se fosse combattuta. Cercò di procedere con metodo. Per esperienza sapeva che in certe situazioni le persone tendevano a chiudersi o ad aprirsi a seconda di come l’interlocutore agiva sul loro stato d’animo.

«A volte noi poliziotti, per rispetto del protocollo che ci impone la riservatezza, tendiamo a non dire ciò che sappiamo…»

«Ma qui si tratta di mio fratello. E’ scomparso e io l’ho saputo soltanto perché sono andata a prenderlo in comunità!»

Adesso il commissario sentì tutta l’angoscia, frammista a una buona dose di risentimento, nella voce della donna.

«Ha ragione, signorina. Lei aveva il diritto di sapere. Sappia però che noi della Polizia, e io in prima persona, siamo sempre dalla parte dei familiari, soprattutto in caso di persone scomparse. La nostra azione a volte abbisogna della collaborazione dei parenti…se lei sa qualcosa è nell’interesse di suo fratello che io ne venga a conoscenza!»

Il discorso sembrò sbloccare la voce all’altro capo del telefono

«Questo fine settimana l’ho passato in giro per la città, presso amici e conoscenti, a chiedere informazioni su Andrea, senza ottenere alcun risultato. Ieri sera, nella speranza di trovare qualcosa che mi aiutasse a ritrovarlo, mi sono messa a frugare nella  stanza che occupa nei fine settimana quando viene a stare da me…»

Il naso del commissario prese a prudere più forte. La voce smise di parlare. Il commissario sentì il respiro affannoso nella cornetta.

«Ha trovato qualcosa che possa aiutare anche noi nelle ricerche?» cercò di incoraggiarla il commissario.

«Non vorrei che quello che ho trovato si ritorca a suo danno…»

«Signorina, al punto in cui siamo, con suo fratello che è scomparso nel nulla, il posto più sicuro per lui sarebbe proprio qui, con noi della Polizia. A fianco alla legge non si sbaglia mai…»

Al commissario sembrò di sentire la voce singhiozzare. Ma fu soltanto un attimo.

«Ho trovato una busta, in un’intercapedine di un vecchio armadio che usavamo come nascondiglio segreto nei nostri giochi di bambini…»

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domenica 10 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni evidente apparenza-45

 


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Il commissario De Candia amava molto il teatro; sicuramente più del cinema; suo padre era stato abbonato per una decina d’anni,  alla rivista ‘Il Dramma’, il quindicinale che Lucio Ridenti, alias Ernesto Scialpi, aveva diretto sino alla fine degli anni sessanta; su quella rivista, sin da ragazzo, si era fatto una certa conoscenza del  teatro di prosa italiano in auge negli anni a cavallo tra il cinquanta e il sessanta, familiarizzandosi con i grandi interpreti di quegli anni: Gino Cervi, Ernesto Calindri, Paolo Stoppa, Andreina Pagnani, Paola Borbone, Emma e Irma Gramati, lo stesso Vittorio Gassman (poi transitato con successo al cinema);  successivamente l'opera,  grazie alla moglie, melomane competente e appassionata,   aveva preso il sopravvento sulle altre forme di spettacolo e il teatro era rimasto relegato nei ricordi in bianco e nero della televisione e in quelle riviste quindicinali.

Schnitzler lo conosceva di fama e aveva persino letto qualcosa di suo, in passato. Non era tra gli autori che conosceva meglio, questo è certo. Senza ombra di dubbio lo considerava un grande autore, ma troppo introspettivo e cerebrale; troppo attento a scavare dentro la psiche dei suoi personaggi,  mettendo in luce insieme alle loro fragilità, anche le debolezze di una società fondata sulla finzione, sull’ipocrisia e sulla menzogna. Qualcuno sosteneva addirittura che l’autore fosse l’alter ego di Sigmund Freud, tutto teso com’era, nella sua produzione drammaturgica, a scavare dentro i personaggi, alla ricerca delle pulsioni nascoste, delle libido sommerse nel sub conscio, dei segreti della psiche.

Ma se la sua amica Luisa Levi amava molto quell’autore (come a lui era sembrato di intuire dall’entusiasmo con cui, poco prima, gli aveva comunicato l’evento) lui era pronto a rivalutarlo e anche ad esaltarlo, se necessario. Non di meno, egli preferiva spettacoli meno impegnativi; era portato a divertirsi e, possibilmente anche a ridere, quando andava a teatro.

Forse era un suo limite, una sua autodifesa, non vedere quelle debolezze, quelle maschere, quelle finzioni del mondo reale che i grandi drammaturghi riuscivano a mettere in scena.

Del resto, lui, di maschere ne vedeva abbastanza nel suo ambiente, tra diseredati e ricercati, colleghi, superiori e magistrati. E forse l’aver perso la sua compagna prematuramente, dopo appena dieci di matrimonio, gli aveva impedito di vedere la loro unione degradare  negli abissi dell’abitudine e dell’ipocrisia che sembravano emergere da certi capolavori della drammaturgia del secolo ventesimo appena scorso.

Prima di addormentarsi, mentre già il tomo che stava consultando gli incominciava a ballare davanti agli occhi semichiusi, gli venne in mente quella spiegazione che l’avvocato aveva abbozzato, per giustificare la sua sparizione improvvisa, dopo che la loro storia sembrava essersi invece avviata verso un percorso di consolidamento.

Luisa Levi aveva avuto forse paura che la loro unione potesse scivolare su un crinale di noia e di abitudine, spegnendo quella loro  attrazione, fisica che era  anche mentale, psicologica e intellettuale?  Quell’attrazione che si era concretizzata, in più di un’occasione, in amplessi appassionati  che li avevano visti fusi in una congiunzione quasi magica, come due corpi celesti attratti da una forza misteriosa, costante ed eterna come la forza gravitazionale che tiene uniti gli astri e le galassie  nell’universo infinito!

Quando si svegliò il commissario ripose il libro che gli era caduto dalle mani e si preparò per la sua passeggiata a Monte Urpinu, dove andava tutte le volte che poteva, a camminare, più che a correre, e a respirare in piena libertà tra i pini, i carrubi, gli olivastri  e le querce dell’immenso parco, un tempo periferia della città di Cagliari dove avevano regnato le volpi e gli scoiattoli e che oggi risultava inglobato nel centro abitato, pur continuando a costituire un polmone fondamentale per i cagliaritani e per chiunque desiderasse immergersi nella natura, lasciandosi alle spalle inquinamenti e rumori.

E lui, al dilettevole, univa anche l’esigenza di mantenersi in forma, preservando dall’incipiente sedentarietà, gli addominali che aveva coltivato nei decenni precedenti e la forma fisica alla quale teneva ancora così tanto.

Ed era grazie a quelle sue ricorrenti passeggiate che era riuscito a tenere a bada il suo peso e la pinguedine incipiente, che aspetta gli uomini al varco della cinquantina; anche se il commissario, tuttavia, aveva ancora qualche anno prima di raggiungere il fatidico traguardo del mezzo secolo di vita.

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sabato 9 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni apparente evidenza - 44

 

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Capitolo dodicesimo

 

L’indomani mattina, il commissario De Candia, proprio mentre si accingeva a cucinare, ricevette la telefonata di Luisa  Levi. Il giorno prima si erano incrociati casualmente al terzo piano del  Palazzo, mentre lui si recava dal procuratore capo e lei nella segreteria di un sostituto procuratore per depositare una nomina e consultare dei documenti. Si erano dati appuntamento telefonico per il giorno dopo.

«Com’è andato l’incontro col grande capo?» chiese l’avvocato dopo i convenevoli di prammatica.

«Come immaginavo non ha ritenuto maturi i tempi per l’emissione di un mandato di arresto! Pensa che ha avuto il coraggio di dirmi che occorre stare attenti, perché la stampa è sempre pronta a criticarci, in caso di errore!»

«Da quale pulpito!» esclamò l’avvocato!

«Eh già!» disse semplicemente il commissario che, per il suo carattere, aveva già parlato troppo sull’argomento. L’avvocato afferrò subito il concetto.

«In realtà ti telefonavo per sapere se domani sera ti va di andare a teatro. Ho due biglietti per il Massimo!»

«Davvero?» disse con entusiasmo il commissario. «E cosa si va a vedere di bello?»

«C’è ‘Girotondo di Arthur Schnitzler!’» rispose con entusiasmo l’avvocato Levi.

«Domani a che ora?» chiese il commissario.

«Alle 21,00» rispose lei. «Come va per il resto?» aggiunse poi convergendo su argomenti più generici!

«Bene!» Stava aspettando quella telefonata per invitarla a pranzo. Il commissario decise di tentare, senza sbilanciarsi. «Mi spiace che tu non possa essere a pranzo qui da me! Mi accingo a preparare la ‘pasta coi fagiolini alla pugliese’!»

«Peccato davvero!» disse l’avvocato «Ma ho già promesso a mio figlio che sarei andata a prenderlo a scuola e devo anche preparare qualcosa per pranzo!»

«Sarà per un’altra volta!» disse il commissario con una nota di delusione nella voce.

«La prossima volta potrebbe essere sabato prossimo! Mio figlio andrà con gli amici a Calasetta, dove i genitori di uno di loro hanno una seconda casa!»

«Benissimo! Ti precetto per sabato prossimo allora!» rispose cogliendo la palla al balzo il commissario.

«Certamente ! Dopo che accompagno mio figlio a Calasetta sarò lieta di assaggiare le tue specialità gastronomiche!»

«Comincio già a pensare al menù! Preferisci carne o pesce?» chiese il commissario.

«Fai tu! Per me vanno bene entrambi!» rispose l’avvocato.

«Bene! Siamo d’accordo!  Buon sabato allora! Per domani va bene se passo a prenderti alle 19,30?»

«Domani alle 19,30 va benissimo. Buon sabato anche a te!»

 

Il commissario, reso ancor più lieto dalla telefonata, si accinse a cucinare.

Sbucciò mezza cipolla, tagliandola a tocchi grossi e la mise a soffriggere in un filo d’olio d’oliva. Aggiunse quindi la polpa di pomodoro e un bicchiere d’acqua con un pizzico di sale. Nel frattempo che il soffritto procedeva mise a bollire una pentola d’acqua e si mise a pulire in fretta i fagiolini, privandoli delle estremità e levandoli sotto l’acqua corrente.

Salò l’acqua che aveva preso a bollire e ci mise dentro i fagiolini. Dopo  cinque minuti li scolò con un mestolo bucato e li mise nella padella del sugo e ve li lasciò quindici minuti buoni.

Nell’acqua dei fagiolini, riportata al bollore, mise duecento grammi di pasta integrale: una metà l’avrebbe consumata subito e l’altra metà l’avrebbe lasciata a domani. Completò il pranzo con un assaggio di formaggi, un’insalata verde e un buon bicchiere di vino rosso Cannonau.

Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su Arthur Schnitzler.

Scoprì che l’ultimo  film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un romanzo dell’autore viennese ‘Doppio sogno’; lo stesso commediografo della ‘Giovane Vienna’ che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei con ‘Girotondo’, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.

continua...

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venerdì 8 aprile 2022

Al di là di ogni evidente apparenza-43

 

«Direi quantomeno in relazione agli elementi locali, commissario!» si affrettò a precisare il sovrintendente Farci. «Mi è sembrato di avvertire un certo fastidio nell’interrogato, quando ho toccato il tasto dell’invasione di campo da parte di qualche ladruncolo in trasferta. Anzi, ho colto come  una certa empatia da parte sua; anche se non mi ha voluto dire la verità, attribuendo lo sgarro a qualche sassarese in trasferta abusiva!»

 

Il commissario annuì; sapeva per esperienza che le sensazioni del sovrintendente Farci, il più delle volte, si rivelavano esatte.

 

«La Torres è sempre in fondo alla classifica!» protestò Zuddas che era di origine sassarese e soffriva per le sventure calcistiche della squadra di calcio della sua città!

 

«Anche io volevo dirvi qualcosa» intervenne il commissario ridendo alla battuta «Sono stati fatti due prelievi con il bancomat della signora Emma Pirastu! Tutti e due da 500 Euro, il massimo consentito: uno è di domenica sera, effettuato a Cagliari; l’altro è di lunedì, ore cinque del mattino, e risulta fatto a Iglesias. Poi la banca, appresa la morte della sua cliente dai giornali,  ha bloccato il conto»

 

«Forse il cerchio si stringe per davvero attorno al nostro uomo!» ribadì l’ispettore Zuddas.

 

«Può darsi» replicò il commissario. Ma la richiesta di emissione di un ordine di cattura forse è ancora prematuro. Se avessimo qualche altra prova. «Avete saputo qualcosa   su quei gioielli? »

 

«Io ho fatto un po’ di giri dai vari compro oro  e da alcuni ricettatori che a volte ci danno una mano: nessuno sa niente. I compro oro, che registrano tutto, non hanno visto niente, mentre i ricettatori mi hanno detto che,  difficilmente uno di loro,  accetterebbe refurtiva proveniente da un furto di sangue» disse il sovrintendente, riferendosi al fatto che ai ricettatori non sfuggiva che  i gioielli risultavano rubati in una casa dove era stato commesso un omicidio.

 

«Io ho chiesto a Carbonia, ma mi hanno detto che per piazzare certa refurtiva tutti vanno a Iglesias o, addirittura, a Oristano e perfino a Nuoro. Però si riferivano ai preziosi rubati a Carbonia…» disse l’ispettore Zuddas. «O magari ai preziosi rubati dai ladri di Carbonia…» aggiunse Zuddas, quasi continuando il suo discorso precedente.

 

«Facciamo così» disse il commissario chiudendo il fascicolo e mettendoselo sottobraccio. «Io adesso vado in Procura. Voglio sentire il parere del procuratore su un eventuale mandato di cattura nei confronti di  Andrea Picciau; se come penso il procuratore capo mi dirà di no, proseguiamo nelle indagini sulla ricerca di altre prove. Io mi occupo personalmente delle indagini da fare a Iglesias, tu  Zuddas vedi se riesci a sapere qualcos’altro da Carbonia e tu Farci insisti con Cagliari, Quartu e Hinterland. Qualcosa mi dice che stiamo per chiudere il caso.”»

«Laqueo captus vulpes!» sentenziò l’ispettore.

 

Il commissario li salutò per andare in procura, mente i due si sbeffeggiavano a vicenda, polemicamente.

Il commissario sorrise tra sé. Sapeva che di lì a poco, sarebbero andati al bar a far pace.

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mercoledì 6 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni evidente apparenza-42


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«E’ presto detto!» disse l’ispettore «mercoledì sono andato nella comunità di recupero dove il Picciau è sottoposto a un programma di recupero sotto il monitoraggio degli assistenti sociali e dei nostri colleghi di Carbonia e il direttore mi ha informato che risultava assente sin dal giorno precedente, martedì; ieri ho telefonato in comunità e agli assistenti sociali e di lui non sapevano niente; stamattina stessa mi ha chiamato un collega da Carbonia; il Picciau è formalmente irreperibile, se non addirittura evaso!»

«La sorella?» indagò il commissario.

«La sorella l’ho sentita, sempre mercoledì! Di questa sparizione del fratello non sapeva  niente. Ho capito che è un po’ succube dell’esuberanza negativa e della personalità  di questo fratello che, ai suoi occhi, considerando anche le altre cose che ho appreso su di lui, è una specie di angelo disceso agli inferi!»

«Ma questo non vuol dire che lui sia il nostro uomo!» intervenne con enfasi il sovrintendente Farci, forse per paura che il suo collega sparasse qualche altra massima latina dal suo sterminato repertorio.

«Tu cosa hai fatto con quel ladruncolo, sa Mantininca, ?» gli chiese il commissario  con il  suo consueto stile, teso sempre a dare il massimo risalto e una grande importanza al lavoro dei suoi collaboratori.

«Sono stato da lui martedì mattina, nella carrozzeria del cognato, dove sta lavorando da quando è uscito dal carcere! Ho anche verbalizzato qualcosa: è stato proprio questo cognato,  un certo “Bomboletta”, titolare della carrozzeria, a ricordare come  all’ora dell’omicidio fossero alla partita insieme. Ho controllato il loro alibi: è confermato praticamente da tutta la curva   nord della stadio S. Elia!» rispose il sovrintendente consegnando una relazione e il verbale a sommarie informazione firmato da lui e da Mantininca, ritrascritto al PC. «E’ tutto scritto qua!» concluse consegnando i fogli al commissario.

 

«Mi pare che questa pista sia da escludere; almeno al momento!» commentò il commissario riponendo i documenti del Farci nel fascicolo e aggiungendoli all’indice che andava compilando, mano a mano che  esso cresceva di volume.

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