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Decise di andare a parlare con la sorella di Andrea
Picciau, Maria Grazia, che lavorava al comune di Villamassargia. Non gli andava
di aspettare sino alle 15,00, o ancora più tardi se quella avesse fatto il
rientro, e perciò si diresse con l’automobile
in quella direzione . Poco più di
mezz’ora dopo stava già parcheggiando in piazza municipio.
In Comune fu più fortunato. Maria Grazia Picciau non
aveva fatto ancora la sua pausa e si fece sostituire, dicendosi disponibile a
farsi una chiacchierata con l’ispettore che, con estrema discrezione ed
eleganza si era presentato in ufficio. La giornata era luminosa, grazie al sole
che splendeva in alto e riscaldava in basso. Non di meno, l’impiegata comunale
lo guidò in un locale nei pressi del municipio, ma scelse un tavolino
appartato, in fondo al locale.
Maria Grazia Picciau era una donna sui trentacinque
anni, piccola e rotondetta; portava degli occhiali da miope con le lenti
affumicate e vestiva in maniera decorosa ma poco vivace; emanava un non so che
di triste e sorrideva di rado, forse perché la sua dentatura presentava qualche
imperfezione.’Omni gaudio, decoris iunctim’ pensò l’ispettore Zuddas, ma si
guardò bene da dirlo.
«Grazie per il suo tempo signorina Picciau.
Io mi sono qualificato come un funzionario del ministero degli interni e le ho
dato una mezza verità; l’altra mezza è che sono della squadra omicidi di
Cagliari e voleva sentirla a proposito di suo fratello Andrea»
disse l’ispettore una volta accomodati.
«E’ successo qualcosa di brutto a mio fratello?»
sussultò impallidendo la giovane impiegata.
«No, no, stia tranquilla»
si affrettò a dire l’ispettore. «L’omicidio
per cui sto indagando è quello di sua zia Emma!»
«Ah!»
fece quella un po’ sollevata. «Povera zia Emma, anche se
i rapporti con noi si erano diradati, mi è dispiaciuto che abbia fatto quella
brutta fine!»
«Anche suo fratello si sarà dispiaciuto!»
disse l’ispettore sornione, ma con non curanza.
«Non più di tanto!”- rispose prontamente
quella – “ Mia zia Emma non faceva niente per nascondere la sua contrarietà al
modo di vivere di mio fratello; e mio fratello ricambiava la sua antipatia con
l’indifferenza; anche se dentro di sé soffriva, soprattutto per il fatto che
essendo mia zia molto ricca, lui si sarebbe aspettato una qualche forma di
sostegno economico da parte sua.”
«Suo fratello aveva bisogno di soldi? Sta
forse attraversando un periodo di crisi?»
fece l’ispettore, sempre con quella sua aria da confessore disposto ad
ascoltare con comprensione qualunque cosa.
«Periodo?»
fece l’impiegata con quel suo sorriso triste e amaro «La
crisi finanziaria di mio fratello dura praticamente da quando ha imparato a
contare i soldi. Ma si è acuita dopo i vent’anni, quando ha lasciato
l’università e si è messo con delle cattive amicizie…ma forse a lei non interessano
queste cose così personali…»
«No, continui pure, signorina!»
la incoraggiò l’ispettore.
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