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La sua non era una domanda che pretendesse una
risposta. Il commissario lo avvertì dal tono supplichevole di quella voce straziata
dal dolore dei ricordi. Era piuttosto un grido rivolto al mondo, al destino,
all’inspiegabile e all’imponderabile dei comportamenti umani; alla fragilità
degli uomini e delle donne più sensibili e più votati all’azzardo e all’avventura;
o forse soltanto meno fortunati.
Santiago De Candia, per motivi di lavoro, aveva
conosciuto l’ambiente della tossicodipendenza, quella legata al consumo e allo
spaccio, che dai gradini più bassi e abbietti della periferia delle grandi
metropoli portava su, alla catena del comando, dove il traffico di stupefacenti
era un affare multimilionario, gestito dalle mafie organizzate più potenti e
dalle bande armate del mondo intero: dai terroristi afghani e colombiani, alle
potenti mafie cinesi e italiane.
Si era fermato per paura di finire anche lui nel
vortice dello sballo, in quel mondo immaginario dove la fantasia e la realtà si
confondono, dove molti, troppi giovani si rifugiano, per fuggire dalle
ipocrisie e dalle finzioni di un mondo percepito come ingiusto, crudele e falso.
E si era accorto che gli Stati, anche quello in cui lui credeva e che suo padre
aveva servito prima di lui, in realtà non volevano davvero combattere quelle
organizzazioni criminali che ormai si erano infiltrate nei gangli vitali degli apparati statali e in combutta con gli altri capi,
quelli nascosti, offrivano all’opinione pubblica, impotente e attonita, la
testa di qualche luogotenente ribelle, o di qualche altro vertice ormai scomodo
e compromesso per la perpetuazione della gestione del potere.
Forse la risposta agli strali di dolore della sua
amica Luisa Levi e delle altre donne che
avevano visto morire i loro figli e i loro fratelli, distrutti dall’illusione e
dai sogni della droga, stava nella sconfitta del mostro al potere che dominava il mondo; e finché quel
mostro fosse rimasto lì, a divorare vite umane, la droga avrebbe continuato a
costituire una malattia delle anime sole, alla ricerca disperata di verità
nascoste ma inesistenti o fallaci.
Con un gesto di
tenerezza e protezione, passò un braccio
intorno alle spalle di quella donna che celava delle inattese paure e delle
fragilità profonde; lei ripiegò dolcemente il capo sul suo petto; il
commissario notò le lacrime che rigavano silenziose il suo volto.
Istintivamente prese ad asciugare quelle lacrime
aspirandole con le sue labbra, con dei baci che niente avevano di morboso ma
erano piuttosto un segno per partecipare del suo dolore in maniera viscerale e
diretta, quasi volesse aspirare le sue sofferenze, facendole proprie, condividendole
con lei, come si dovrebbe fare quando si ama veramente.
Lei alzò lo sguardo su di lui, sorpresa ed emozionata
per quel gesto innocente e protettivo.
I loro occhi si persero gli uni negli altri. Lei gli
offrì le sue labbra. Lui la baciò per suggellare
quel momento di fragilità in una emozione che le trasmettesse una nuova forza.
E si amarono, con grande tenerezza e col trasporto degli amanti che si
incontrano senza un calcolo, non per abitudine, ma per un’attrazione casuale e
misteriosa, eppure solida e perfetta, come quella che attrae due astri che si incontrino
casualmente nello spazio infinito e decidano, spinti dalle forze innate delle
leggi che governano l’universo e la natura, di condividere le loro orbite, fino
alla fine del mondo.
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