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mercoledì 23 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 59

 

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«Penso che il tuo team abbia fatto un ottimo lavoro e che il mio assistito sia sulla buona via dell’assoluzione definitiva!» rispose l’avvocato con un sorriso compiaciuto.

«Mi incuriosiva sapere cosa ne pensi tu del fatto che Andrea Picciau non abbia distrutto il testamento che lo escludeva dall’eredità della zia e lo abbia invece conservato…» chiese nel dettaglio il commissario.

«Vuoi sapere cosa ne penso io?» disse Luisa Levi con un sorriso sornione «Io penso che lui potrebbe avere  avuto in mente di farne redigerne uno nuovo da un falsario, dove lui sarebbe stato, magari,  l’unico erede…Anche se mi sarei aspettata la distruzione dell’originale,  per condurre poi il lavoro di falsificazione su una semplice fotocopia»

«Potrebbe essere plausibile!» disse il commissario come nota di apprezzamento. «E la presenza del fluoracetato di sodio con quella siringa da dieci millilitri? Secondo uno dei miei collaboratori il fluoracetato serviva per tagliare la roba…quella da spacciare, suppongo…»

«Io invece ho in mente qualcos’altro» interloquì l’avvocato, con quel suo solito sorriso che la faceva assomigliare a un gatto mentre si studia il modo migliore di acchiappare una preda. «Ti ricordi anni fa quegli episodi di avvelenamento dell’acqua minerale nei supermarket?»

«Sì, vai avanti!» la incoraggiò il commissario.

«Mi pare di ricordare che fra le sostanze utilizzate per avvelenare le bottiglie d’acqua minerale ci fosse proprio il fluoracetato di sodio… ti ricordi che il cadavere della signora Emma è stato trovato in cucina?»

«Sì, certo. Ci siamo chiesti a lungo perché l’assassino fosse stato sorpreso in cucina e, soprattutto cosa ci facesse in quell’ambiente! Di solito i ladri non rovistano in cucina…»

«Mi son ricordato che Alessandro, il mio assistito, mi ha raccontato che lui riforniva la zia dei generi alimentari e, a titolo di esempio, mi elencava pasta, riso, pomodori pelati, acqua minerale…E se il nostro uomo fosse andato in cucina per avvelenare una delle bottiglie di acqua minerale della zia?»

«Ma certo! Dev’essere così!» esclamò con ammirazione il commissario. «Lui dopo essere entrato dal lucernaio della mansarda è andato in cucina e forse contava, dopo aver avvelenato l’acqua, di trovare il testamento e distruggerlo…»

«Forse non sapeva che il testamento fosse custodito nella cassaforte…»

«O magari sperava di trovare la chiave insieme alle altre appese nell’ingresso…»

«Magari…!» convenne l’avvocato pensierosa «Del resto, come diceva il mio vecchio maestro, l’avvocato Serra-Laconi, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…e a ben guardare, c’è sempre un errore o un punto debole, in ogni disegno criminoso…»

«Quella donna era un pozzo di scienza giuridica!» pensò ancora con ammirazione il commissario.

«E sai cosa mi viene in mente adesso?!» aggiunse di seguito Luisa.

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lunedì 21 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 57

 

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«Non è che quella roba serviva per tagliare dell’eroina purissima che il Picciau magari voleva acquistare in seguito?» azzardò il sovrintendente rivolto al commissario.

«Che possa servire per tagliare la roba, ci può stare!» ammise il commissario che era il più esperto dei tre in materia di sostanze stupefacenti. «Ma non mi convince il fatto che un tossicodipendente possa somministrarsi della roba tagliata, anziché quella pura.»

«Già! Non ci avevo pensato…» ammise il sovrintendente, che di fronte al suo capo era sempre pronto a fare un passo indietro.

«Be’, pensiamoci un po’ tutti. Magari ci sentiamo lunedì, prima di andare a Palazzo, per un consulto volante» propose il commissario. «Se non c’è altro…» aggiunse poi in tono conclusivo.

«Che ne sarà stato del libretto postale e della tessera bancomat, commissario?» chiese l’ispettore Zuddas.

«Mi risultano bloccate» rispose il commissario «ma è probabile che il nostro uomo non lo sappia e ce l’abbia con sé, sperando di poterli utilizzare a suo vantaggio»

Nessuno ebbe altro da aggiungere e i tre colleghi del nucleo del Team della Sezione Omicidi si ritrovò al bar per l’aperitivo di rito. Si aggiornarono al lunedì successivo, augurandosi reciprocamente una buona fine settimana.

Il commissario De Candia pensò che il suo sarebbe stato meno malinconico e solitario delle altre volte e questo lo riempì di una gioia silenziosa che tenne per sé.

Il suo carattere riservato e il rispetto per la sua amica glielo imponevano. Né i suoi collaboratori avrebbero mai osato sconfinare nella sua vita privata,  che sapevano avvolta nel dolore per la grave



perdita che lo aveva colpito poco più di  cinque anni prima.

Anzi, proprio questo grave lutto, aveva talvolta spinto i suoi collaboratori ad avanzare degli inviti conviviali che il commissario De Candia aveva sempre garbatamente rifiutato.

E così avevano smesso di farli. Ma la  loro stima reciproca e il loro affetto non era per questo venuto meno. Anzi, forse proprio per questo era cresciuto e resisteva nel tempo.

Pensando a cosa avrebbe cucinato per la sua amica il giorno dopo il commissario, dopo essere tornato in ufficio a sistemare i fascicoli a riprendersi i giornali riposti nel cassetto della sua scrivania e dopo aver chiuso bene i fascicoli nell’armadio di sicurezza,  si avviò verso casa sua.

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sabato 19 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 55

 

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Alla   riunione del venerdì il commissario De Candia, come sempre, lasciò in fondo alla lista degli omicidi ancora in fase di indagine, il fascicolo dell’assassinio di via Giudicessa Adelasia. Informò i suoi collaboratori sulla svolta che avevano preso le indagini in seguito al ritrovamento presso la casa di Andrea Picciau di parte del materiale asportato dalla cassaforte della vittima, compreso il testamento che lo escludeva dall’eredità della zia.

«Ci manca però la ciliegina sulla torta: assicurare l’assassino alla giustizia!» disse il sovrintendente Farci.

«Stamattina mi hanno restituito da Carbonia il verbale di acquisizione delle prove firmato da Maria Grazia Picciau. Lunedì andrò a parlare con il procuratore capo: stavolta non potrà negarci il mandato di cattura e vedrai che con quello, lo prenderemo, ovunque egli sia!»

«A proposito!» esclamò l’ispettore Zuddas «E’ arrivata un’informativa riservata da Olbia: a un ricettatore è stato proposto, da uno sconosciuto che corrisponde alla descrizione che noi abbiamo di Andrea Picciau, l’acquisto dei gioielli della lista che io ho mandato in giro nelle città più importanti dell’isola; il ricettatore ha riconosciuto i gioielli e ha guadagnato del tempo senza insospettire l’offerente; e ha provveduto ad informare la polizia!»

«Quindi il nostro uomo si trova ad Olbia?» chiese il sovrintendente rivolto al commissario.

«Ah, dimenticavo di dirvi che il nostro uomo si è presentato dal ricettatore con una donna, sostenendo che i gioielli fossero i suoi…» intervenne l’ispettore Zuddas.

«Per me quello sta cercando di procurarsi i soldi per spiccare il volo con quella sua complice! Che ne pensa lei commissario?» ribatte il sovrintendente Farci.

«Quelli come lui, nella scala dei bisogni, hanno al primo posto la droga!» sostenne l’ispettore con foga!

«A proposito!» intervenne il commissario rivolto al sovrintendente Farci, frugando nel fascicolo. «Ti ricordi quell’involucro che ti ho affidato per il Servizio di Polizia Scientifica? È arrivato il referto delle analisi!»

Il sovrintendente prese il foglio che il commissario gli porgeva.

«Fluoracetato di sodio? Ma è uno scherzo?» esclamò il sovrintendente porgendo il foglio all’ispettore Zuddas che glielo sollecitava.

«Quelli della Scientifica non scherzano mai!» disse il commissario con un sorriso.

«Fluoracetato di sodio…Che roba è?» chiese l’ispettore restituendo il foglio al commissario, che lo ripose nel fascicolo.

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giovedì 17 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 53

 

Adesso la voce aveva assunto un tono meno guardingo, quasi dolce.

«Ce l’ha con lei questa busta adesso?» chiese il commissario, intuendo che in quella  busta si trovava forse una svolta per le sue indagini.

«E’ a casa mia. Io sto telefonando da un bar vicino all’ufficio…»

«A che ora posso venire a casa sua per visionare insieme il contenuto della busta?» chiese il commissario.

«Io smonto alle quattordici. Ci metto un’ora scarsa a rientrare. Venga quando vuole dopo le quindici» disse la voce, come scaricandosi di un peso.

Acquisito l’indirizzo dalla viva voce della ragazza il commissario, dopo essere rientrato a casa e aver consumato un pasto veloce,  si diresse verso Carbonia. A Iglesias, per la consueta visita a sua madre,  ci sarebbe andato dopo l’incontro con Maria Grazia Picciau.

La giovane impiegata  accolse il commissario con molto garbo. Lo fece accomodare nel salottino degli ospiti. Si assentò solo pochi minuti e tornò con una capace busta bianca a sacchetto, di formato grande, quelle chiamate A3 negli uffici.

Il commissario la aprì, estraendone il contenuto e poggiandolo sul tavolino posa riviste che aveva davanti, sotto gli occhi  attenti della ragazza.

Dentro c’era una chiave da cassaforte che il commissario già conosceva; un involucro contenente una polvere bianca; una siringa ipodermica non utilizzata, provvista di tappo; alcuni atti  notarili di compravendita, un passamontagna per travisamento, un paio di guanti di pelle chiara  e una busta beige, che un tempo doveva essere sigillata, con la scritta “Per Alessandro”.

«E’ tutto quello che c’era!» disse la ragazza. «Ho paura che mio fratello abbia ripreso a farsi… sembrava si fosse disintossicato…» aggiunse in tono triste, proprio mentre il commissario riapriva l’involucro con la polvere per osservarla meglio.

«La faremo analizzare dal nostro Servizio di Polizia Scientifica» disse in tono tranquillo il commissario, richiudendo l’involucro.

«Quella l’ho trovata già aperta!» si affrettò a dire mentre il commissario prendeva  in mano la busta beige. «C’è dentro un testamento olografo. Io credo che l’abbia aperta Andrea»

Il commissario estrasse un foglio uso bollo, redatto con una grafia molto chiara, elegante e leggibile. Nominava erede universale Alessandro Pirastu, ma c’era anche un legato a favore di Angelo Pirastu e di Maria Grazia Picciau. Niente che riguardasse Andrea, se non il fatto che il testamento lo escludeva completamente da ogni beneficio.

«E di suo fratello non ha avuto più notizie?»

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martedì 15 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia-51


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Quando si svegliò il commissario ripose il libro che gli era caduto dalle mani e si preparò per la sua passeggiata a Monte Urpinu, dove andava tutte le volte che poteva, a camminare, più che a correre, e a respirare in piena libertà tra i pini, i carrubi, gli olivastri  e le querce dell’immenso parco, un tempo periferia della città di Cagliari dove avevano regnato le volpi e gli scoiattoli e che oggi risultava inglobato nel centro abitato, pur continuando a costituire un polmone fondamentale per i cagliaritani e per chiunque desiderasse immergersi nella natura, lasciandosi alle spalle inquinamenti e rumori.

E lui, al dilettevole, univa anche l’esigenza di mantenersi in forma, preservando dai  pericoli della  sedentarietà, gli addominali che aveva coltivato nei decenni precedenti e la forma fisica alla quale teneva ancora così tanto.

Ed era grazie a quelle sue ricorrenti passeggiate che era riuscito a tenere a bada il suo peso e la pinguedine incipiente, che aspetta gli uomini al varco della cinquantina; anche se il commissario, tuttavia, aveva ancora qualche anno prima di raggiungere il fatidico traguardo del mezzo secolo di vita.

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domenica 13 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 49

 

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L’indomani mattina, il commissario De Candia, proprio mentre si accingeva a cucinare, ricevette la telefonata di Luisa  Levi. Il giorno prima si erano incrociati casualmente al terzo piano del  Palazzo, mentre lui si recava dal procuratore capo e lei nella segreteria di un sostituto procuratore per depositare una nomina e consultare dei documenti. Si erano dati appuntamento telefonico per il giorno dopo.

«Com’è andato l’incontro col grande capo?» chiese l’avvocato dopo i convenevoli di prammatica.

«Come immaginavo non ha ritenuto maturi i tempi per l’emissione di un mandato di arresto! Pensa che ha avuto il coraggio di dirmi che occorre stare attenti, perché la stampa è sempre pronta a criticarci, in caso di errore!»

«Da quale pulpito!» esclamò l’avvocato!

«Eh già!» disse semplicemente il commissario che, per il suo carattere, aveva già parlato troppo sull’argomento. L’avvocato afferrò subito il concetto.

«In realtà ti telefonavo per sapere se domani sera ti va di andare a teatro. Ho due biglietti per il Massimo!»

«Davvero?» disse con entusiasmo il commissario. «E cosa si va a vedere di bello?»

«C’è ‘Girotondo di Arthur Schnitzler!’» rispose con entusiasmo l’avvocato Levi.

«Domani a che ora?» chiese il commissario.

«Alle 21,00» rispose lei. «Come va per il resto?» aggiunse poi convergendo su argomenti più generici!

«Bene!» Stava aspettando quella telefonata per invitarla a pranzo. Il commissario decise di tentare, senza sbilanciarsi. «Mi spiace che tu non possa essere a pranzo qui da me! Mi accingo a preparare la ‘pasta coi fagiolini alla pugliese’!»

«Peccato davvero!» disse l’avvocato «Ma ho già promesso a mio figlio che sarei andata a prenderlo a scuola e devo anche preparare qualcosa per pranzo!»

«Sarà per un’altra volta!» disse il commissario con una nota di delusione nella voce.

«La prossima volta potrebbe essere sabato prossimo! Mio figlio andrà con gli amici a Calasetta, dove i genitori di uno di loro hanno una seconda casa!»

«Benissimo! Ti precetto per sabato prossimo allora!» rispose cogliendo la palla al balzo il commissario.

«Certamente ! Dopo che accompagno mio figlio a Calasetta sarò lieta di assaggiare le tue specialità gastronomiche!»

«Comincio già a pensare al menù! Preferisci carne o pesce?» chiese il commissario.

«Fai tu! Per me vanno bene entrambi!» rispose l’avvocato.

«Bene! Siamo d’accordo!  Buon sabato allora! Per domani va bene se passo a prenderti alle 19,30?»

«Domani alle 19,30 va benissimo. Buon sabato anche a te!»

 

Il commissario, reso ancor più lieto dalla telefonata, si accinse a cucinare.

Sbucciò mezza cipolla, tagliandola a tocchi grossi e la mise a soffriggere in un filo d’olio d’oliva. Aggiunse quindi la polpa di pomodoro e un bicchiere d’acqua con un pizzico di sale. Nel frattempo che il soffritto procedeva mise a bollire una pentola d’acqua e si mise a pulire in fretta i fagiolini, privandoli delle estremità e levandoli sotto l’acqua corrente.

Salò l’acqua che aveva preso a bollire e ci mise dentro i fagiolini. Dopo  cinque minuti li scolò con un mestolo bucato e li mise nella padella del sugo e ve li lasciò quindici minuti buoni.

Nell’acqua dei fagiolini, riportata al bollore, mise duecento grammi di pasta integrale: una metà l’avrebbe consumata subito e l’altra metà l’avrebbe lasciata a domani. Completò il pranzo con un assaggio di formaggi, un’insalata verde e un buon bicchiere di vino rosso Cannonau.

Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su Arthur Schnitzler.

Scoprì che l’ultimo  film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un romanzo dell’autore viennese ‘Doppio sogno’; lo stesso commediografo della ‘Giovane Vienna’ che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei con ‘Girotondo’, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.

Il commissario De Candia amava molto il teatro; sicuramente più del cinema; suo padre era stato abbonato per una decina d’anni,  alla rivista ‘Il Dramma’, il quindicinale che Lucio Ridenti, alias Ernesto Scialpi, aveva diretto sino alla fine degli anni sessanta; su quella rivista, sin da ragazzo, si era fatto una certa conoscenza del  teatro di prosa italiano in auge negli anni a cavallo tra il cinquanta e il sessanta, familiarizzandosi con i grandi interpreti di quegli anni: Gino Cervi, Ernesto Calindri, Paolo Stoppa, Andreina Pagnani, Paola Borbone, Emma e Irma Gramati, lo stesso Vittorio Gassman (poi transitato con successo al cinema);  ma poi,  grazie alla moglie, melomane competente e appassionata,  l’opera, per un certo periodo, aveva preso il sopravvento sulle altre forme di spettacolo e il teatro era rimasto relegato nei ricordi in bianco e nero della televisione e in quelle riviste quindicinali.

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venerdì 11 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 47

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«Racccontaci, Zuddas» lo incoraggiò il commissario con un tono di voce orientato a riportare l’equilibrio del team.

«E’ presto detto!» disse l’ispettore «mercoledì sono andato nella comunità di recupero dove il Picciau è sottoposto a un programma di recupero sotto il monitoraggio degli assistenti sociali e dei nostri colleghi di Carbonia e il direttore mi ha informato che risultava assente sin dal giorno precedente, martedì; ieri ho telefonato in comunità e agli assistenti sociali e di lui non sapevano niente; stamattina stessa mi ha chiamato un collega da Carbonia; il Picciau è formalmente irreperibile, se non addirittura evaso!»

«La sorella?» indagò il commissario.

«La sorella l’ho sentita, sempre mercoledì! Di questa sparizione del fratello non sapeva  niente. Ho capito che è un po’ succube dell’esuberanza negativa e della personalità  di questo fratello che, ai suoi occhi, considerando anche le altre cose che ho appreso su di lui, è una specie di angelo disceso agli inferi!»

«Ma questo non vuol dire che lui sia il nostro uomo!» intervenne con enfasi il sovrintendente Farci, forse per paura che il suo collega sparasse qualche altra massima latina dal suo sterminato repertorio.

«Tu cosa hai fatto con quel ladruncolo, sa Mantininca, ?» gli chiese il commissario  con il  suo consueto stile, teso sempre a dare il massimo risalto e una grande importanza al lavoro dei suoi collaboratori.

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mercoledì 9 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia-45

 

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«Attualmente si trova in una comunità di recupero, verso San Giovanni Suergiu. Io gli voglio bene, nonostante tutto; siamo molto legati e ormai mi è rimasto solo lui. I fine settimana viene a casa mia e gli presto la macchina. A volte mi sembra tornato quello di una volta; senza la droga era tutto un’altra persona, mi creda!»

«E’ da molto che non lo vede?» chiese ancora l’ispettore; ormai l’interrogatorio volgeva al termine.

«L’ho riaccompagnato avantieri, in comunità, come sempre. Adesso lo andrò a prendere di nuovo venerdì pomeriggio, come smonto dal lavoro»

«Ha notato qualcosa di diverso in lui, questo fine settimana?» chiese l’ispettore a bruciapelo. La donna parve sorpresa. Ci pensò su e poi disse:

«Non direi. Mi è sembrato forse un più allegro del solito, ma da quando è in comunità ho notato, in linea generale, dei cambiamenti in meglio.»

«Se lo vede gli dice di chiamarmi?» gli disse l’ispettore alzandosi in piedi per accommiatarsi.

«Certo! Glielo dirò venerdì; e se lo sento anche prima!» fece lei prendendo il bigliettino e alzandosi per andare a pagare.

«Mi permetta di pagare anche la sua consumazione!» disse l’ispettore precedendola alla cassa. «E


grazie ancora per il suo tempo!»

mentre la sfortunata ragazza si dirigeva pensierosa e cupa a riprendere il lavoro, l’ispettore recuperò la sua auto e si diresse verso Cagliari.

In conclusione la sua trasferta non era andata del tutto male.

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domenica 6 febbraio 2022

Le indagini del commissario De Candia - 43

 

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L’ispettore Zuddas era ormai di casa al commissariato di Carbonia. Aveva ritrovato un suo vecchio collega di corso, anche lui ispettore in attesa della  promozione a vicecommissario e da lui aveva attinto preziose informazioni utili alla sua indagine sul delitto di via Giudicessa Adelasia.

Dal suo collega aveva saputo che Andrea Picciau era una specie di dandy, un po’ donnaiolo e un po’ eccessivo nei suoi vizi, che amava il bel vivere. Finché erano rimasti in vita i genitori, era riuscito a fare la bella vita, senza lavorare mai troppo seriamente. Poi era caduto nel vortice della droga, roba pesante, prima cocaina e poi eroina, non la solita fumatina o il semplice spinello. Per mantenersi nel consumo di quel vizio costoso, era finito nel giro dello spaccio, il traffico di alto livello, quello che muove i chili dalla Thailandia, per intenderci. Ma per la sua abilità, o per fortuna, o magari perché era riuscito a far ricadere le colpe sugli altri, se l’era cavata alla grande; anziché finire in carcere, era stato inserito in una comunità di recupero, poco fuori Carbonia e lì, seguito dappresso dai servizi sociali e, più discretamente da loro, sembrava essersi rassegnato a una vita più normale, fatta di sangue, sudore e lacrime.

La Comunità di recupero si chiamava ‘Sa Genti Arrubia’ e l’avrebbe trovata lungo la statale per San Giovanni Suergiu, seguendo le opportune indicazioni. La sorella di Andrea, Maria Grazia, lavorava al comune di Villamassargia ma rientrava regolarmente a casa sua, in via Palmiro Togliatti,  ogni pomeriggio, talvolta alle 15,00, talaltra più tardi. L’indirizzo e il telefono erano segnati sul foglietto.

Dopo un caffè di ringraziamento e un excursus necessariamente sommario dei trascorsi goliardici del corso, frequentato insieme, alla scuola di formazione  per ispettori di  Nettuno,  l’ispettore Zuddas, tutto soddisfatto di come avessero preso una piega fortunata le sue indagini in trasferta, si avviò verso la comunità di recupero che gli avevano indicato i suoi colleghi. Nel tragitto si ritrovò a pensare alle serate spensierate che aveva trascorso a Nettuno durante la libera uscita dalla caserma e le domeniche in discoteca, alla conquista delle bellezze femminili cittadine. Un uomo dovrebbe restare sempre scapolo,  pensò con un sorriso nostalgico. Di sicuro lui non si sarebbe mai sposato se non si fosse ritrovato con la ragazza incinta e un suocero che aveva fama di vendicare tutte le offese all’onore con una bella fucilata.


Proprio con quel fucile che usava con perizia nella  caccia ai cinghiali e ai cervi.  Per fortuna adesso era di nuovo libero! Il padre di sua moglie era morto e lui si era separato! Anche se quella separazione gli costava ogni mese, una  buona fetta dello stipendio, che finiva  in assegno di mantenimento.  Manco fosse un pizzo da pagare per quei pochi momenti di felicità trascorsi insieme!

Arrivato al Centro di Recupero  si accorse presto che la sua trasferta, in fin dei conti, non sembrava così fortunata come gli era parsa poco tempo prima.

Andrea Picciau era introvabile. Il direttore del Centro disse di averlo visto rientrare il lunedì mattina, molto presto, accompagnato come sempre dalla sorella, che poi proseguiva in macchina per il suo lavoro, ma di averne notato l’assenza  nella giornata successiva, che poi era ieri. Era la prima volta che si allontanava senza avvisare; di norma andava in permesso  il venerdì pomeriggio ed era sempre rientrato dai permessi regolarmente il lunedì al mattino. Il loro protocollo prevedeva, per i casi di affidamento come quello,  che per un’assenza inferiore alle ventiquattrore si allertassero i servizi sociali (anche se spettava a loro monitorare i soggetti in affidamento) e che questi, poi, avvisassero  chi di dovere. Lui aveva avvisato un assistente quella mattina, quando si era accorto che il Picciau non aveva fatto rientro per la notte. Ma comunque le ventiquattrore, tecnicamente, scadevano nella serata di oggi, che è mercoledì, per l’appunto. Probabilmente le due cose non erano in connessione, ma aveva scoperto che la comunità aveva subito un furto con scasso ed erano sparite delle confezioni di Bartolion, un topicida custodito in magazzino e chiuso a chiave; poteva approfittare della sua presenza per denunciare il furto? No, era di competenza della questura di Carbonia oppure dei Carabinieri locali.

L’ispettore si fece dare i recapiti telefonici del centro e degli assistenti sociali che avevano in carico il Picciau; poi ringraziò e salutò.

Decise di andare a parlare con la sorella di Andrea Picciau, Maria Grazia, che lavorava al comune di Villamassargia. Non gli andava di aspettare sino alle 15,00, o ancora più tardi se quella avesse fatto il rientro,  e perciò si diresse con l’automobile in quella direzione . Poco più di  mezz’ora dopo stava già parcheggiando in piazza municipio.

In Comune fu più fortunato. Maria Grazia Picciau non aveva fatto ancora la sua pausa e si fece sostituire, dicendosi disponibile a farsi una chiacchierata con l’ispettore che, con estrema discrezione ed eleganza si era presentato in ufficio. La giornata era luminosa, grazie al sole che splendeva in alto e riscaldava in basso. Non di meno, l’impiegata comunale lo guidò in un locale nei pressi del municipio, ma scelse un tavolino appartato, in fondo al locale.

Maria Grazia Picciau era una donna sui trentacinque anni, piccola e rotondetta; portava degli occhiali da miope con le lenti affumicate e vestiva in maniera decorosa ma poco vivace; emanava un non so che di triste e sorrideva di rado, forse perché la sua dentatura presentava qualche imperfezione.’Omni gaudio, decoris iunctim’ pensò l’ispettore Zuddas, ma si guardò bene da dirlo.

«Grazie per il suo tempo signorina Picciau. Io mi sono qualificato come un funzionario del ministero degli interni e le ho dato una mezza verità; l’altra mezza è che sono della squadra omicidi di Cagliari e voleva sentirla a proposito di suo fratello Andrea» disse l’ispettore una volta accomodati.

«E’ successo qualcosa di brutto a mio fratello?» sussultò impallidendo la giovane impiegata.

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