last moon

lunedì 28 dicembre 2020

I Thirsenoisin - 20



L’occasione gli si presentò una sera che Campus rientrava, a bordo del suo carrettino, nel sentiero sterrato che da Tzeura lo avrebbe riportato a s’Aquagotta. Campus se li vide comparire davanti dopo essere spuntati all’improvviso dal folto della vegetazione. Fuggire sarebbe stato impossibile, in quella situazione. E poi Campus non era certo tipo da fuggire; li prese per briganti, ed erano soltanto in due.

«Lascia perdere quell’arma, amico. Vogliamo soltanto parlare» gli disse Marra con voce ferma e calma, mentre quello già correva con la destra alla corta spada che portava al fianco.

«Cosa volete? Io non vi conosco.» rispose Campus per niente intimorito, lasciando tuttavia l’impugnatura della sua daga.

«Vogliamo soltanto sapere per conto di chi stai controllando la casa di Damasu!» ribattè senza altri preamboli Marra.

«Non so di cosa tu parli, straniero.» si schermì Campus.

La mossa di Marra lo sorprese. Con insospettata agilità saltò sul carrettino e lo afferrò per la gola, mentre Lair riuscì contemporaneamente a disarmarlo. Le due spie Shardana avevano raggiunto una sincronia perfetta, nel momento dell’azione.

«Senti amico, non fare il furbo con noi. Dicci da che parte stai. Noi siamo qui per proteggere il tuo principe. Se sei un suo amico ci potrebbe servire il tuo aiuto, in cambio della vita; altrimenti saremo costretti a eliminarti. Adesso lascio la presa, ma raccontaci una storia convincente, se non vuoi fare una brutta fine.»

Nonostante il suo istinto primordiale gli suggerisse di tentare una reazione, a qualunque costo, Campus si impose di ragionare. Se quegli uomini erano lì per proteggere Damasu, forse conveniva parlarci un po’;  d’altronde non è che avesse molto da perdere in quella situazione di estremo pericolo.

«Neppure io voglio fare del male a Damasu!» disse Campus appena poté riprendere a respirare regolarmente; si massaggiava intanto il collo indolenzito.

«E allora perché son giorni che controlli la sua casa? Chi sei, per Maimone? Parla!» lo incalzò Marra.

«Il principe è stato coinvolto in un complotto per uccidere suo padre, il re di Kolossoi!» rispose Campus cercando di guadagnare tempo e di capire cosa gli sarebbe convenuto fare con quei due sconosciuti forestieri.

«Questo lo sappiamo anche noi, babbeo! Ti decidi a vuotare il sacco, si o no?» lo aggredì ancora Marra, con la voce di uno che ha già perso troppo tempo. Lair intanto gli teneva pressata sul fianco sinistro  la punta acuminata della sua stessa spada. Anche Campus perse la pazienza. Il suo movimento fu talmente repentino e inatteso che i due Shardana rimasero di stucco. Col braccio sinistro  fece saltare la spada di mano a Lair e col braccio destro gli strinse il collo con la stessa forza con cui stringeva il collo dei caproni quando non ubbidivano ai suoi ordini. Un coltello comparve magicamente nella mano sinistra di Campus ed era puntato sul collo del malcapitato Lair.

«Adesso che abbiamo ristabilito un po’ di posizioni, vi faccio io qualche domanda!» disse rivolto a Marra, che rimase immobile, preoccupato per il suo amico che già cominciava a divenire paonazzo per mancanza d’aria.

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domenica 20 dicembre 2020

I Thirsenoisin - 19



Kurin viveva a s’Aquagotta da molto tempo. Ufficialmente era un modesto mercante che scambiava pelli e prodotti artigianali con i Nuragici, in cambio di sale e di stoffe; ma in realtà faceva parte della rete di spie che la città di Nora, così come le altre città Shardana, avevano insediato in quella zona nevralgica, divenuta un immenso mercato, al centro dei traffici e degli scambi sempre più frequenti tra le diverse entità produttive che vi si affacciavano. La sua casa era abbastanza grande per ospitare i tre emissari dell’Arconte Cara.

«Cosa vogliono esattamente da Nora?» chiese Kurin mentre erano ancora a tavola per la cena. La sua fedele cuoca aveva arrostito della selvaggina che certi suoi clienti avevano scambiato in mattinata; un buon vino rosso di Genn’ e  Mari  era stato il giusto complemento a quel pasto saporito.

Marra, il capo riconosciuto dei tre emissari, aveva già concordato con l’arconte di agire con il massimo della segretezza. La prese perciò alla larga.

«Dobbiamo metterci in contatto con un certo Mandis. E’ un Nuragico che intrattiene ottimi rapporti con la nostra città» rispose in maniera da non far capire al loro ospite che l’obiettivo era in realtà un altro.

«Lo conosco benissimo. E’ un grosso commerciante che ha un emporio importante. Sta poco distante da qui. Se volete, domattina, dopo che avrete riposato, vi ci accompagno.» propose Kurin.

«Il Senato ci ha raccomandato la massima discrezione. Per adesso dobbiamo limitarci a controllare le sue mosse. A Nora vogliono capire sino a che punto sia affidabile. Forse intendono affidargli un delicato compito in previsione della guerra che si profila con il suo villaggio originario di Kolossoi.» rispose Marra. Il riferimento al Senato, anziché agli Arconti,  era fatto apposta. Il senato voleva dire tutto e niente. «Che tu sappia, questo Mandis, mantiene rapporti costanti con il suo villaggio?» aggiunse subito, cercando di coinvolgere Kurin senza fargli capire i suoi reali obiettivi.


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lunedì 30 novembre 2020

Dedicato a Sant'Andrea

 CANTO SECONDO  

 

(Ove l’Apostolo ANDREA narra le sue peripezie in Acaia)

Fonte  di ispirazione: i documenti del Martirio di Sant’Andrea (ccdd Vangeli apocrifi);

Periodo di riferimento: dal 29 d.C. circa al 67 d.C. circa;

Per gli avvenimenti storici e culturali del periodo v. il Canto precedente;

 

Quartine a rime alternate

E incrociate con versi anisosillabici

Settenari e ottonari

 


 

Prologo

Fra i compagni di Gesù

Io son Andrea, più d’anni

Carico che di virtù

Ma fu a me e a  Giovanni

 

Che il Grande Precursore

Sulle rive del Giordano

D’eloquio e con la mano

Indicò Rabbì Signore

 

Io glielo dissi a Pietro

Che allora fu secondo

A seguire il RE del Mondo

Di poi, io gli fui dietro.

 

Di ciò non mi lamento;

Anzi,  fu una scelta mia,

Dovuta a ritrosìa

D’operaio macilento!

 

A me in fondo importava

Soltanto che il Signore

Leggesse nel mio cuore

Tutto il resto non contava

 

E questo io dimostrerò

Svelando ciò che celato

Per lungo tempo è stato

Come di seguito dirò.

 

Avvisarvi però devo

Per rispetto ai Sacri Testi

Che qui son solo resti

Di quel glorioso Evo

 

Che i quattro evangelisti

Han raccolto con bravura

E con divina cura

Da me e da chi li ha visti

 

Svolgersi in lor presenza

E son Testi rivelati.

Questi qui presentati

Di quel crisma sono senza.

 

 

Peripezie di Andrea dopo la morte di Gesù

 

1.      Dopo la Risurrezione

di Cristo, com’è noto,

fu fatta la divisione

del mondo ove ancora ignoto

 

2.      era il Verbo di Gesù.

Dopo qualche giro in Asia

A me toccò l’Acaia

Cioè quella regione giù

 

3.      della Grecia, ad essa unita

per l’istmo di Corinto

ed io fui là sospinto

per renderla erudita

 

1.      del Messaggio Cristiano

quando il proconsole Egea

le veci a Vespasiano

ed al Romano Imper facea.

 

2.      Ond’io a Patrasso gli chiesi

  quale fosse la ragione

della sua persecuzione

per udirne  poi le tesi.

 

3.      Dissi: - “Tu giudice in terra

Al Giudice del Ciel onor

Rendi con tutto il cuor

Non più l’odio che rinserra”.

 

1.      Così contestommi Egea:

“-Di superstizion foriero

e di falsi dèi, tu  sei Andrea

nemico dell’Impero”

 

2.      Ed io tosto gli ribattei:

“-Il Figlio di Dio Gesù

fra gli uomini  quaggiù

scese a dirci quali dèi

 

3.idoli  di fallacia

son dell’uomo ingannatori.

Di dirlo agli imperatori,

Per lor salvezza,  ti piaccia.

 

1.      E che di ardente carità

e volontar supplizio,

ancorchè per il giudizio,

di vilipesa deità

 

2.      patì l’Autore sul legno

di Croce”. Egli riprese:

”-Queste sono pretese

d’uno discente indegno.

 

3.      Consta ch’Ei fu tradito

E dagli stessi Ebrei,

Sia patrizi e  sia plebei,

Sulla Croce fu trafitto”.

 

1.      Ma io risposi: “-Sofferto

Egli ha,  volontariamente.

Io c’ero, perciò son certo!

E ciò che dico ho in mente

 

2.      perché da Lui ho udito

predire la Sua Passione

e la Sua Resurrezione;

e di colui che tradito

 

3.      l’avrebbe per la salvezza

degli uomini e del mondo;

e di come iracondo

rispose con asprezza

 

1.      a mio fratello Pietro

che Gli chiese clemenza

per quel Suo  destino tetro.

Questo è quanto Eccellenza”.

 

2.      “-E’ per me poco sagace

riprese quegli fisso

che un probo sia seguace

d’un morto crocefisso”.

 

3.      - “Il mistero della Croce

io vorrei spiegarti Egea

se tu di udire hai idea

col cuore la mia voce”.

 

1.      - “T’ascolto,  ma sia inteso

che a tua volta tu m’udrai

sennò sarai lì appeso

se ai miei dèi non renderai

 

2.      incenso e devozione.”

-“Non il fumo dell’incenso

ma la mia fede e il senso

della vita  ed ogni azione

 

3.      io offro in sacrificio

al Dio Onnipotente;

e immortale, vivente

resta dopo il supplizio

 

1.      ogni giorno sull’altare

della Croce quell’Agnello

senza macchie e senza tare!

E’ Gesù Padre e fratello!

 

2. Mangiata la Sua carne

E bevuto il Suo sangue

Egli,  non sol non langue,

ma è pronto per ridarne”.

 

 

3. -“Tu millanti certamente,

ebreo ed impostore!

Svela ciò che hai nel cuore,

e senza celarmi niente!”

 

 

1.      “Né paura né minacce

ponno svelar il mistero

ma sol seguir le tracce

sul cammin del Verbo vero!

 

2.      Se credi con tutt’il cuore

tu comprenderlo potrai,

altrimenti  mai giungerai

al Vero Unico Amore”.

 

3.      -“Or son bastanti chiàcchiere

che odo mentre i sacelli

disertan tutti quelli

che ingannati a schiere

 

1.      seguon le tue vanità!

E’ ora di ritornare,

se vuoi qui trovar pietà,

alle nostre antiche are!

 

2.      Diversamente al legno

Di cui canti le lodi

Con affilati chiodi

Finirai per sostegno.”

 

3.      -“Odi, figlio della morte,

paglia di fiamma eterna:

se alla Luce superna

di Cristo ho buona sorte,

 

1.      odi ben, che io bramo,

e non rifuggo, la Croce.

Con essa io Cristo amo

Che del riscatto è foce.

 

2.      Croce che eri terrore,

divenuta sei desìo,

dopo che il Figlio di Dio

vi è morto per amore!

 

3.      Rendimi al mio Signore,

consacrata di Cristo

prendimi che son tristo,

mia Bellezza, mio Splendore!”

 

Così cantavo ispirato

Col cuore saldo e invitto

Allor che Egea irato

Sentenziò per me il delitto

 

1.      condannandomi a morire

del supplizio di Gesù.

- “E voi non protestate più”-

Dissi al popolo all’udire

 

2.       tumulto e  sedizione

e le minacce che facea

all’indirizzo di Egea

per la mia liberazione.

 

1.      Se c’è pena da temere

È quella che non ha fine

Le terrene son leggere

Per quante abbiano spine

 

2.      Quanto ai dolori eterni

Son urla ininterrotte

Lutti e supplizi a frotte

Nei bui, gelidi inferni

 

3.      Alle gioie sempiterne

soltanto si perviene

per le passeggere pene

e si va alle vie superne!

 

1.      Se siete costanti,  gioia

avrete per l’eternità,

là, dove Cristo è Gloria,

Nel Regno della Trinità!

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domenica 29 novembre 2020

I Thirsenoisin - 14

 



Capitolo 10

 

Appena il messo di Mandis gli comunicò che un carro funebre con i corpi di suo genero Norace e degli altri amici trucidati dai Nuragici di Kolossoi era in viaggio verso Nora, Gairo mise in campo tutta la sua potenza e i suoi soldi, per diffondere la notizia.

Per prima cosa pagò le migliori prefiche della città perché inneggiassero il canto funebre del suo compianto e valoroso genero. Il canto funebre cominciò a levarsi dalla villa di Gairo e si diffuse presto per tutta la comunità, avvolgendole in una cappa di lamentoso dolore.

E insieme al dolore cominciò a crescere anche la rabbia.

Gairo fece avvisare tutti gli altri quarantanove membri del Senato cittadino, compresi i suoi più agguerriti avversari politici e i suoi concorrenti in affari. Era sottinteso nel messaggio recapitato, che in quel momento di dolore per la Nazione intera, i contrasti andassero messi da parte e tutti i Noresi si stringessero nel dolore e  nel pianto.

Presto la notizia si diffuse dappertutto e in ogni casa, in ogni emporio, in ogni bettola, in tutto il porto e perfino nelle povere capanne  di pescatori, artigiani, contadini e piccoli commercianti, ammassate tutt’attorno alla periferia, non si parlava che del vile gesto compiuto dai Nuragici a danno dei poveri e indifesi cittadini noresi. E passando di bocca in bocca, la notizia andava arricchendosi di nuovi, truculenti particolari che rendevano la strage compiuta, sempre più invisa e odiosa a tutti.

Il senatore più anziano convocò una seduta urgente e straordinaria, chiedendo agli Arconti in carica di intervenire alla sessione, mentre una folla ingente si assiepava lungo la strada che collegava la città a Karalis, da dove si aspettava  che giungesse il carro con le vittime della barbara esecuzione.

Il giorno seguente, mentre ancora i canti funebri delle prefiche si levavano accorati e incessanti, Gairo lasciò la sua villa per recarsi al Senato. Nelle  strade il  subbuglio, dopo la calma apparente della giornata lavorativa, alla sera riprese con maggior furore. Gli uomini pagati apposta per presidiare le strade e incitare all’odio contro i Nuragici, avevano dormito all’addiaccio. E altri rivoltosi, spontaneamente si erano uniti a loro, solidarizzando contro gli odiati nemici nuragici e in favore del suocero di Norace, di sua moglie e dei suoi figli, ormai orfani di padre. Gairo viaggiò con le tendine aperte della sua portantina, in modo da ricevere le acclamazioni della folla che inneggiava in suo favore, contro i Nuragici trucidatori. Gairo aveva un mesto sorriso e un cenno di ringraziamento per tutti, e tutti assicurava del suo interessamento al fine di non lasciare impunito l’eccidio e l’oltraggio che la città aveva subito.

La seduta del Senato era stata l’apoteosi della gloria per Gairo. Non si era dovuto nemmeno prendere la briga di dichiarare la guerra agli assassini di Kolossoi, com’erano stati ribattezzati gli inconsapevoli abitanti del villaggio di Itzoccar; ci avevano pensato i suoi più stretti alleati, seppure ignari dell’intrigo che il potente amico aveva ordito. Fuori la gente rumoreggiava sempre più arrabbiata.

Orthosia, il senatore anziano che presiedeva la seduta, uomo di grande esperienza, non  certo uno sprovveduto, dopo avere ascoltato il resoconto di Gairo, cercò di guadagnare tempo. Non erano giunti ancora i cadaveri in città e già si chiedeva di attivare la leva obbligatoria e intraprendere un’azione militare contro i pericolosi avversari delle montagne? Non dubitava certo che il fatto in sé dell’uccisione del genero di Gairo e dei suoi amici,  fosse vero; ma conosceva bene la smisurata ambizione di quell’uomo; e non gli piacevano, né lui, né la ricchezza immensa che aveva accumulato, non sempre in maniera cristallina.

Quando il dibattito sembrò  esaurito e gli interventi si susseguivano ormai sempre uguali, avvitandosi su se stessi, Orthosia prese la parola.

« Nobili colleghi del Senato, il gesto perpetrato ai danni dei nostri concittadini, tra cui un parente dell’esimio e benemerito senatore Gairo qui presente, merita certamente una risposta dura e decisa da parte della nostra città. Pur tuttavia, prima di dichiarare guerra ai nostri nemici di sempre, sarebbe bene chiedere alle città alleate di Karalis e di Cornus, che come noi confinano con i regni nuragici federati, di unirsi a noi. Le città amiche non ci negheranno il loro aiuto, ma vorranno sapere tutti i particolari dell’eccidio e noi non sappiamo ancora niente. Come sono morti i nostri fratelli? Sono stati uccisi in battaglia? O in duello? In quali circostanze sono stati aggrediti? In quale luogo?»

Le proteste che suscitò nel partito di Gairo quel discorso,  chiaramente temporeggiatore, furono coperte da un urlo mille volte superiore che si udì fuori dalla sala delle assemblee senatoriali. Gairo fu contento di aver mandato i suoi servi incontro al feretro, per dirgli che conducessero i cadaveri direttamente alla sede del Senato.

Leggi il resto della storia scaricando le bozze intere del romanzo I Thirsenoisin attraverso il link

https://bookabook.it/libri/i-thirsenoisin/

giovedì 26 novembre 2020

E se i Shardana venissero dai Balcani?

 

 


 Anni fa sono stato in Bulgaria con gli studenti della mia scuola, all’interno della quale avevo costituito una compagnia teatrale. Dovevamo rappresentare la mia commedia musicale “S’Urtima Jana” , di ambientazione Shardana e Nuragica (in pratica ha costituito l’antefatto letterario su cui si basa il mio romanzo “I Thirsenoisin” ).

Ebbene, la Bulgaria mi ha riservato una grande e piacevole sorpresa, Ancora adesso, a distanza di anni, mi sembra incredibile l’aver vissuto quella stupenda avventura.

Mai e poi mai avrei immaginato quanto siano veramente vicini  i sardi e i bulgari, due popoli che appartengono alla grande famiglia della Mater Mediterranea, insieme agli etruschi, ai greci, ai corsi, ai catalani, ai liguri, ai coloni della Magna Grecia e a tutti gli altri che qui non posso  elencare per intero.

E’ difficile ricostruire i flussi migratori che nei millenni hanno interessato i tanti  popoli europei che ora vivono sotto diverse bandiere.

La storia, quella dei libri, la scrivono i vincitori, ha detto qualcuno; ed è vero; e ricostruirla, se ci accontentiamo della versione ufficiale delle fonti, in fondo è abbastanza facile.

Più difficile è ricostruire la preistoria; difficile, ma non impossibile.

Ci stanno provando in tanti a farlo: scrittori,  geologi,  antropologhi, i sociologi,  archeologhi; tra questi ultimi, a Sofia, ho conosciuto la prof.ssa Dimitrina Mitova Gionova che ha scoperto a Garlo ( a 50 km dalla capitale bulgara) un pozzo sacro protosardo.

E’ stato emozionante visitarlo; per un lungo istante, mentre scendevamo gli scalini in pietra, ricoperti di muschio, che dal dromos conducono al pozzo, l’emozione ha avvolto la nostra comitiva in un velo di commozione senza tempo; io ho sentito nel mio animo che le mie radici affondavano sino a lì.

Con Francesco Fronteddu, del coro Santa Maria di Orosei, abbiamo intonato dei canti in lingua sarda. Avevo la pelle d’oca per la  grande emozione.

La sera della conferenza la archeologa ha detto di essere una bulgara che si sente sarda; io, la sera successiva, dopo la rappresentazione teatrale, ho dichiarato di essere un sardo che, almeno per qualche giorno, si è sentito molto bulgaro.

 

Il pozzo è  risalente al XIV sec. a.c.  a 50 km da Sofia, nel paese di Garlo, molto simile per misure e tipologia a quelli  di Ballao e di Settimo San Pietro, in Sardegna.

Il sito, di notevole interesse può essere visitato con l’ausilio di guide specializzate. La stessa archeologa, che è stata in Sardegna  nel 1982, per studiare i vari pozzi sacri sardi e la cultura nuragica, ha scritto interessanti libri, riuscendo a dare alcune spiegazioni “non classiche “ sull’origine dei Sardi e dei nuragici in genere, fino allo studio e la comparazione dei bronzetti nuragici con alcuni testi del vecchio testamento e interessandosi dei kukeri ( che in pratica sono dei mamuthones sardi).

E’ sufficiente confrontare le immagini dei Kukeri bulgari con quelle dei Mamuthones sardi per capire. Anche i loro fanno delle danze e dei giochi particolari per far suonare i campanacci che hanno sulle loro spalle. Secondo la Professoressa Dimitrina Mitova-Dzonova ( “Origine e natura dei pozzi sacri protosardi- III-I millennio A.C.” edito nel 2006 da IVRAI Sofia/Cagliari) i kukeri hanno origine dagli antichi culti dionisiaci.

La mia mente va ai tanti scrittori  in continua rotta con gli storici canonici per riaffermare le peculiarità della storia sarda (qualcuno li ha chiamati archeo-punici, cattedratici imbalsamati che hanno impostato i loro studi soltanto sulle fonti scritte). Mi viene in mente anche Cicitu Masala, il grande poeta e scrittore della sardità misconosciuta e maltrattata dagli storici romani (i vincitori) a danno di noi Sardi (i vinti), il popolo dalla lingua tagliata.

Non  mi dispiace vedere dei Sardi che finalmente non hanno paura di mettere in discussione delle verità che, come diceva Cicitu Masala, sono state scritte dai vincitori contro noi vinti.

E che finalmente, per dirla sempre parafrasando  il grande poeta e scrittore Cicitu, “ci sta ricrescendo la lingua che ci hanno tagliato secoli fa, a noi Sardi.”

Questo è uno dei tanti motivi per cui ho pubblicato I Thirsenoisin, il mio romanzo di ambientazione Shardana e Nuragica.

In esso do sfogo alla mia fantasia, immaginando che i Shardana siano sopravvenuti in Sardegna, quando la civiltà nuragica si era già affermata; successivamente le due civiltà si sono fuse, dando luogo al popolo dei Thirsenoisin, il popolo delle torri.

Chi volesse leggere  alcuni brani può andare nel mio blog, cliccando sul link https://albixpoeti.blogspot.com/2020/11/la-costante-resistenziale-sarda.html (all’interno del blog si ha anche la possibilità di leggere il libro per intero).