last moon

giovedì 30 dicembre 2021

Le indagini del commissario De Candia - 5

 

Il commissario uscì dal bar con un senso di liberazione. Un altro po’ e ci sarebbe stata, ne era certo,  l’immancabile invocazione all’Uomo Forte. Il Risolutore, un uomo soltanto al comando, capace di raddrizzare le storture di una democrazia fasulla e, magari, di fare arrivare i treni in orario!

Ma la vera sorpresa arrivò a mezzogiorno, quando l’ispettore Zuddas e il sovrintendente Farci, i due più stretti collaboratori di Santiago De Candia nella squadra omicidi della questura di Cagliari,  fecero capolino nel suo ufficio con un fax della procura!

«Appena giunto via fax dalla procura generale, commissario!» disse trafelato l’ispettore Zuddas, allungando un foglio di carta lucida.

«Che cos’è?» chiese il commissario prendendo il foglio ma guardando i suoi collaboratori in segno di saluto.

«È una convocazione per il conferimento della delega alle indagini per l’omicidio di via Giudicessa Adelasia!»

«O dell’assassino con il coltello in mano che dir si voglia!» intervenne il sovrintendente Farci in tono polemico.

«Caspita! Niente di meno!» esclamò Santiago De Candia, che tutto s’aspettava quella mattina, meno che l’arrivo di quella convocazione.

«Come al solito, dopo la gloria farlocca e i pasticci grandiosi, a chi spetta rimediare?» insisté il sovrintendente Farci, che ce l’aveva sempre con i colleghi della giudiziaria che lui chiamava di- spregiativamente gli scalda sedie del Palazzo.

«Beh, consolati pensando che evidentemente, lassù in procura, ci devono apprezzare parecchio!» disse



sornione il commissario, che conosceva il carattere pessimista del suo valido collaboratore.

«Vabbè, se vogliamo dire per forza che il bicchiere è mezzo pieno…» concesse con scarsa convinzione il sovrintendente, che apprezzava tanto il suo superiore, quanto denigrava quelli del Palazzo. Tanto più se appartenenti ai rivali Carabinieri.

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lunedì 27 dicembre 2021

Le indagini del commissario De Candia - 3

 

Il piantone lo accolse accennando un saluto militare.

Il suo ufficio era al primo piano, e le ampie finestre si affacciavano proprio su uno degli ingressi secondari del Palazzo di Giustizia. Sulla sinistra era visibile anche l’ingresso delle ex scuole magistrali, che adesso ospitavano il liceo socio-pedagogico, o qualcosa del genere.

Ripose, come al solito,  i giornali in un cassetto della scrivania e si accomodò nella sua poltrona.

Ma sei nuovi fascicoli con altrettanti casi di omicidio, recenti e ancora da risolvere, lo aspettavano all’interno dell’armadio di sicurezza. Li prelevò e li ripose sul ripiano della scrivania. I due fratelli trovati morti nelle campagne di Settimo San Pietro. La prostituta strangolata sul litorale di Giorgino. Un corpo privo di arti e mutilato dalla voracità dei pesci restituito dal mare. Il matricidio, probabilmente per colpa di un tossico esasperato dall’astinenza e dalla mancanza di soldi per acquistare la dose, il quale  però si era dileguato chissà dove. Due ennesimi femminicidi, presumibilmente già chiusi. Uno con il suicidio del marito colpevole, l’altro con la costituzione dell’autore che si era autoaccusato dell’omicidio.

Nella consueta riunione settimanale del venerdì si era deciso con i suoi collaboratori,  l’ispettore Zuddas e il sovrintendente Farci, di cominciare a svolgere delle indagini raccogliendo a verbale delle informazioni e altre possibili prove, per ricomporre le vicende criminose in un quadro investigativo coerente e comprensibile.

Prima del vertice con il Questore, a cui partecipavano tutti i capi sezione, che si teneva a fine mattinata ogni ultimo lunedì del mese, aveva a disposizione un po’ di tempo per riprendere in mano tutti e sei i fascicoli ‘caldi’. Li definivano in questo modo, per distinguerli da quelli che ormai avevano superato i sei mesi che la legge assegnava agli inquirenti per svolgere le indagini. Il termine era prorogabile per altri sei mesi. Dopo, il fascicolo ‘si raffreddava’, e inevitabilmente finiva in una sorta di limbo, con buona pace della sete di giustizia delle povere vittime e anche dei colpevoli.

Munito di fogli protocollo a righe prendeva appunti, per ogni fascicolo, che costituivano allo stesso  tempo punto di partenza e approdo, tra un venerdì e l’altro, dello stato di svolgimento delle indagini. Strada facendo, i faldoni si sarebbero arricchiti, non solo delle sue riflessioni, ma degli apporti delle indagini svolte sul campo dai suoi due più stretti collaboratori.

Tutto ciò, naturalmente, se non ci fossero state interruzioni e contrattempi.

Dopo il vertice con il questore e gli altri capi sezione prese la via del ritorno. Restava in sede di pomeriggio soltanto il martedì e il giovedì, quando aveva il cosiddetto ‘rientro’.

A fine pasto, quando lo consumava in casa, era solito fare una siesta. Al risveglio, come ogni  lunedì, si sarebbe recato a Iglesias, a Casa Elvira, dove sua mamma aveva scelto di trascorrere la vecchiaia.

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domenica 26 dicembre 2021

Le indagini del commissario De Candia

 

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Come ogni mattina, anche quel lunedì, il commissario Santiago De Candia fece una breve sosta all’edicola di Largo Gennari, che da casa sua, in via Monteverdi, lo conduceva in Questura.

Checco gli allungò subito i due soliti quotidiani, piegati in due. La Stampa e L’Opinione.

Come tanti cagliaritani, Checco chiamava il quotidiano cittadino ‘l’Opignone’. Il commissario, nonostante fosse nato in Sardegna, non aveva ancora capito se si trattasse di un difetto di pronuncia oppure di un vezzo.

La seconda sosta, più lunga, era quella al Bar di Tonio, il Caffè Intilimani, come recitava l’insegna. Era stato coniato un unico vocabolo composto dal nome di un famoso gruppo musicale cileno degli anni ’70 da cui, verosimilmente, il fondatore del locale aveva preso ispirazione.

Il commissario De Candia salutò con un cenno il barista. Era sufficiente. Il barista sarebbe subito arrivato con la sua colazione. Ci teneva a servirlo personalmente.

Seduto al solito tavolino, in fondo al locale, mentre aspettava il suo cappuccino e il suo croissant alla crema, aveva aperto l’Opinione. A prescindere dal nome, il quotidiano regionale si faceva apprezzare soltanto per la cronaca. Per le altre notizie,  lui preferiva la Stampa di Torino, sulla quale si era orientato dopo tanti anni passati a formarsi su La Repubblica.

«Ha letto dell’assassino preso con il coltello in mano?» gli disse Tonio poggiando il vassoio. «I miei clienti non parlano d’altro oggi!» riprese con un tono di rassegnazione di chi  non si aspettasse alcuna risposta.

Il commissario De Candia non amava molto le chiacchiere. Dopo anni che frequentava il suo bar, Tonio aveva imparato a rispettare la  riservatezza di quell’uomo che comunicava l’essenziale con gli occhi e che evitava ogni parola superflua.

L’articolo di spalla rimandava la notizia alle pagine interne della cronaca dove ampio spazio era dedicato all’assassino con il coltello in mano, come il giornale aveva definito l’omicidio che il barista gli aveva segnalato.

C’era una foto della vittima. Una certa Emma Pirastu, di anni ottantaquattro. Una bella signora, osservò De Candia. Distinta, dal viso intelligente, forse un’insegnante in pensione oppure un’impiegata.

Era stata uccisa, in un quartiere residenziale di Cagliari, dal nipote, un quasi trentenne, di cui si riportavano soltanto le iniziali.

L’assassino era stato colto in flagranza di reato con il coltello ancora in mano, grondante del sangue della zia, che giaceva esanime ai suoi piedi in cucina. I Carabinieri della Polizia Giudiziaria, coordinati dal procuratore capo Bartolomeo Gessa, intervenuti prontamente sul posto dietro segnalazione di una dirimpettaia, allarmata dalle urla disumane della povera vittima,  avevano  risolto a tempo di record il caso, assicurando l’assassino  alla giustizia, commentava la capo redattrice della cronaca nera, Maria Carla Coseno.

Il commissario si sentì prudere il naso. Aveva sempre sentito dire che il prurito al naso poteva significare due cose alternativamente, soldi in arrivo oppure colpi. Ma il suo era un naso da sbirro e spesso gli prudeva quando leggeva qualcosa che non quadrasse. Oppure quando stava per imbattersi in qualcosa di importante e di risolutivo. Gli succedeva talmente spesso che ormai non ci faceva quasi più caso. In quell’occasione poteva perfino trattarsi di un po’ di zucchero a velo, finito dal croissant sul suo naso. Ci strofinò sopra un tovagliolo, mentre si detergeva le labbra da eventuali segni della colazione e si alzò in piedi.

continua...

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venerdì 24 dicembre 2021

Il concepimento di Gesù secondo Matteo

 

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Ecco come avvenne il concepimento

Di Gesù Cristo: Sua madre, Maria,

essendo legata in fidanzamento

 

a Giuseppe, uomo della dinastia

di Davide, nell’anno che il dettato

impone castità carnale, in sintonia

 

con quanto l’Angelo le avea annunziato,

sentì ‘l seme dello Spirito Santo

animarsi in seno! Il fidanzato

 

Giuseppe, che era un uomo giusto, intanto,

venuto a conoscenza dell’attesa,

seppur perplesso e non di meno affranto,

 

si risolse ad una segreta resa

del nuziale impegno, onde prevenire

ogni scandaloso clamore! Presa

 

così la decisione, ecco apparire

in sogno a Giuseppe, come d’incanto,

un Angelo di Dio che prese a dire:

 

-          “ Dubbi e paure tue metti in un canto,

-          Figlio di David, quel che è

-          In Maria è dello Spirito Santo,

 

perciò tienila con te!Il Suo nato

Lo chiamerai Gesù, Il Salvatore!

Egli infatti salverà dal peccato

 

Il Suo popolo!” Così ‘n quelle ore

Cominciò ad avverarsi quel che

Avea predetto Isaia latore:

 

“ Sarà chiamato Emanuèl;

il figlio cui la Vergine darà

la luce e che significa ‘Jahvèh

 

con noi’! Destatosi, Giuseppe fa

come gli ha detto l’Angelo di Dio;

prende con sé la sposa che non ha

 

conosciuto uomo e che, in modo pio,

partorirà ‘n figlio detto Gesù!

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giovedì 23 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato - 42

 

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Il commissario, reso ancor più lieto dalla telefonata, si accinse a cucinare.

Sbucciò mezza cipolla, tagliandola a tocchi grossi e la mise a soffriggere in un filo d’olio d’oliva. Aggiunse quindi la polpa di pomodoro e un bicchiere d’acqua con un pizzico di sale. Nel frattempo che il soffritto procedeva mise a bollire una pentola d’acqua e si mise a pulire in fretta i fagiolini, privandoli delle estremità e levandoli sotto l’acqua corrente.

Salò l’acqua che aveva preso a bollire e ci mise dentro i fagiolini. Dopo  cinque minuti li scolò con un mestolo bucato e li mise nella padella del sugo e ve li lasciò quindici minuti buoni.

Nell’acqua dei fagiolini, riportata al bollore, mise duecento grammi di pasta integrale: una metà l’avrebbe consumata subito e l’altra metà l’avrebbe lasciata a domani. Completò il pranzo con un assaggio di formaggi, un’insalata verde e un buon bicchiere di vino rosso Cannonau.

Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su Arthur Schnitzler.

Scoprì che l’ultimo  film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un romanzo dell’autore viennese ‘Doppio sogno’; lo stesso commediografo della ‘Giovane Vienna’ che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei con ‘Girotondo’, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.

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martedì 21 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-40

 

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«Anche io volevo dirvi qualcosa» intervenne il commissario ridendo alla battuta «Sono stati fatti due prelievi con il bancomat della signora Emma Pirastu! Tutti e due da 500 Euro, il massimo consentito: uno è di domenica sera, effettuato a Cagliari; l’altro è di lunedì, ore cinque del mattino, e risulta fatto a Iglesias. Poi la banca, appresa la morte della sua cliente dai giornali,  ha bloccato il conto»

 

«Forse il cerchio si stringe per davvero attorno al nostro uomo!» ribadì l’ispettore Zuddas.

 

«Può darsi» replicò il commissario. Ma la richiesta di emissione di un ordine di cattura forse è ancora prematuro. Se avessimo qualche altra prova. «Avete saputo qualcosa   su quei gioielli? »

 

«Io ho fatto un po’ di giri dai vari compro oro  e da alcuni ricettatori che a volte ci danno una mano: nessuno sa niente. I compro oro, che registrano tutto, non hanno visto niente, mentre i ricettatori mi hanno detto che,  difficilmente uno di loro,  accetterebbe refurtiva proveniente da un furto di sangue» disse il sovrintendente, riferendosi al fatto che ai ricettatori non sfuggiva che  i gioielli risultavano rubati in una casa dove era stato commesso un omicidio.

 

«Io ho chiesto a Carbonia, ma mi hanno detto che per piazzare certa refurtiva tutti vanno a Iglesias o, addirittura, a Oristano e perfino a Nuoro. Però si riferivano ai preziosi rubati a Carbonia…» disse l’ispettore Zuddas. «O magari ai preziosi rubati dai ladri di Carbonia…» aggiunse Zuddas, quasi continuando il suo discorso precedente.

 

«Facciamo così» disse il commissario chiudendo il fascicolo e mettendoselo sottobraccio. «Io adesso vado in Procura. Voglio sentire il parere del procuratore su un eventuale mandato di cattura nei confronti di  Andrea Picciau; se come penso il procuratore capo mi dirà di no, proseguiamo nelle indagini sulla ricerca di altre prove. Io mi occupo personalmente delle indagini da fare a Iglesias, tu  Zuddas vedi se riesci a sapere qualcos’altro da Carbonia e tu Farci insisti con Cagliari, Quartu e Hinterland. Qualcosa mi dice che stiamo per chiudere il caso.”»

«Laqueo captus vulpes!» sentenziò l’ispettore.

 

Il commissario li salutò per andare in procura, mente i due si sbeffeggiavano a vicenda, polemicamente.

Il commissario sorrise tra sé. Sapeva che di lì a poco, sarebbero andati al bar a far pace.

 

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domenica 19 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-38

 

«E’ presto detto!» disse l’ispettore «mercoledì sono andato nella comunità di recupero dove il Picciau è sottoposto a un programma di recupero sotto il monitoraggio degli assistenti sociali e dei nostri colleghi di Carbonia e il direttore mi ha informato che risultava assente sin dal giorno precedente, martedì; ieri ho telefonato in comunità e agli assistenti sociali e di lui non sapevano niente; stamattina stessa mi ha chiamato un collega da Carbonia; il Picciau è formalmente irreperibile, se non addirittura evaso!»

«La sorella?» indagò il commissario.

«La sorella l’ho sentita, sempre mercoledì! Di questa sparizione del fratello non sapeva  niente. Ho capito che è un po’ succube dell’esuberanza negativa e della personalità  di questo fratello che, ai suoi occhi, considerando anche le altre cose che ho appreso su di lui, è una specie di angelo disceso agli inferi!»

«Ma questo non vuol dire che lui sia il nostro uomo!» intervenne con enfasi il sovrintendente Farci, forse per paura che il suo collega sparasse qualche altra massima latina dal suo sterminato repertorio.

«Tu cosa hai fatto con quel ladruncolo, sa Mantininca, ?» gli chiese il commissario  con il  suo consueto stile, teso sempre a dare il massimo risalto e una grande importanza al lavoro dei suoi collaboratori.

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venerdì 17 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-36

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«I miei poveri genitori si sono spesi anche quello che non avevano per stare appresso ai suoi vizi!» sbottò lei con un tono che quasi sconfinava nel risentimento; ma fu solo un attimo; subito il suo tono si adagiò su note pietistiche «Mio fratello è  un tossicodipendente; ci aggiunga che ha sempre amato la bella vita e il quadro è completo!»

«Ma attualmente cosa sta facendo? Vive nella casa dei genitori?» disse l’ispettore spingendo il suo gioco sino in fondo.

«Non c’è più nessuna casa. Se la sono portata via le banche a causa dell’ipoteca che i miei genitori avevano acceso per ottenere altri soldi. Tutti per la droga, per i vizi e i lussi di mio fratello!» questa volta la donna non seppe trattenere le lacrime.

L’ispettore si sentì in colpa. Il suo lavoro di sbirro, a volte, faceva schifo. Ma qualcuno lo doveva pur fare.

«Attualmente si trova in una comunità di recupero, verso San Giovanni Suergiu. Io gli voglio bene, nonostante tutto; siamo molto legati e ormai mi è rimasto solo lui. I fine settimana viene a casa mia e gli presto la macchina. A volte mi sembra tornato quello di una volta; senza la droga era tutto un’altra persona, mi creda!»

«E’ da molto che non lo vede?» chiese ancora l’ispettore; ormai l’interrogatorio volgeva al termine.

«L’ho riaccompagnato avantieri, in comunità, come sempre. Adesso lo andrò a prendere di nuovo venerdì pomeriggio, come smonto dal lavoro»

«Ha notato qualcosa di diverso in lui, questo fine settimana?» chiese l’ispettore a bruciapelo. La donna parve sorpresa. Ci pensò su e poi disse:

«Non direi. Mi è sembrato forse un più allegro del solito, ma da quando è in comunità ho notato, in linea generale, dei cambiamenti in meglio.»

«Se lo vede gli dice di chiamarmi?» gli disse l’ispettore alzandosi in piedi per accommiatarsi.

«Certo! Glielo dirò venerdì; e se lo sento anche prima!» fece lei prendendo il bigliettino e alzandosi per andare a pagare.

«Mi permetta di pagare anche la sua consumazione!» disse l’ispettore precedendola alla cassa. «E grazie ancora per il suo tempo!»

 

E mentre la sfortunata ragazza si dirigeva pensierosa e cupa a riprendere il lavoro, l’ispettore recuperò la sua auto e si diresse verso Cagliari.

In conclusione la sua trasferta non era andata del tutto male. 

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mercoledì 15 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-34

 

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Andrea Picciau era introvabile. Il direttore del Centro disse di averlo visto rientrare il lunedì mattina, molto presto, accompagnato come sempre dalla sorella, che poi proseguiva in macchina per il suo lavoro, ma di averne notato l’assenza  nella giornata successiva, che poi era ieri. Era la prima volta che si allontanava senza avvisare; di norma andava in permesso  il venerdì pomeriggio ed era sempre rientrato dai permessi regolarmente il lunedì al mattino. Il loro protocollo prevedeva, per i casi di affidamento come quello,  che per un’assenza inferiore alle ventiquattrore si allertassero i servizi sociali (anche se spettava a loro monitorare i soggetti in affidamento) e che questi, poi, avvisassero  chi di dovere. Lui aveva avvisato un assistente quella mattina, quando si era accorto che il Picciau non aveva fatto rientro per la notte. Ma comunque le ventiquattrore, tecnicamente, scadevano nella serata di oggi, che è mercoledì, per l’appunto. Probabilmente le due cose non erano in connessione, ma aveva scoperto che la comunità aveva subito un furto con scasso ed erano sparite delle confezioni di Bartolion, un topicida custodito in magazzino e chiuso a chiave; poteva approfittare della sua presenza per denunciare il furto? No, era di competenza della questura di Carbonia oppure dei Carabinieri locali.

L’ispettore si fece dare i recapiti telefonici del centro e degli assistenti sociali che avevano in carico il Picciau; poi ringraziò e salutò.

Decise di andare a parlare con la sorella di Andrea Picciau, Maria Grazia, che lavorava al comune di Villamassargia. Non gli andava di aspettare sino alle 15,00, o ancora più tardi se quella avesse fatto il rientro,  e perciò si diresse con l’automobile in quella direzione . Poco più di  mezz’ora dopo stava già parcheggiando in piazza municipio.

In Comune fu più fortunato. Maria Grazia Picciau non aveva fatto ancora la sua pausa e si fece sostituire, dicendosi disponibile a farsi una chiacchierata con l’ispettore che, con estrema discrezione ed eleganza si era presentato in ufficio. La giornata era luminosa, grazie al sole che splendeva in alto e riscaldava in basso. Non di meno, l’impiegata comunale lo guidò in un locale nei pressi del municipio, ma scelse un tavolino appartato, in fondo al locale.

Maria Grazia Picciau era una donna sui trentacinque anni, piccola e rotondetta; portava degli occhiali da miope con le lenti affumicate e vestiva in maniera decorosa ma poco vivace; emanava un non so che di triste e sorrideva di rado, forse perché la sua dentatura presentava qualche imperfezione.’Omni gaudio, decoris iunctim’ pensò l’ispettore Zuddas, ma si guardò bene da dirlo.

«Grazie per il suo tempo signorina Picciau. Io mi sono qualificato come un funzionario del ministero degli interni e le ho dato una mezza verità; l’altra mezza è che sono della squadra omicidi di Cagliari e voleva sentirla a proposito di suo fratello Andrea» disse l’ispettore una volta accomodati.

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sabato 11 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-32

 

«Mio nonno!» pensò il sovrintendente, che la balla dei sassaresi non se la sarebbe bevuta neanche da addormentato. Sapeva infatti che la rivalità tra le due città più grandi dell’isola, non si limitava soltanto al mondo del calcio, ma era diffusa a tutti i livelli.

«Il verbale lo firma qui  o preferisce passare in questura?» gli chiese il sovrintendente che aveva trascritto la conversazione su un foglio protocollo. Poi lo avrebbe trascritto al computer e la minuta l’avrebbe allegata con la firma sua e del testimone a sommarie informazioni.

«Non è che mi vuole incastrare con questa firma?» disse Mantininca, mezzo ridendo, scegliendo però di firmare subito. In Questura non ci sarebbe andato neanche a pagamento. Lì erano persino capaci di trattenerlo e fargli pagare tutti i furti che ancora non gli avevano scoperto.

«Tranquillo! Noi sapremmo come incastrarti, se volessimo! Stanne pur certo!» gli rispose il sovrintendente riprendendosi il foglio e la penna che gli aveva allungato.

«Piuttosto» aggiunse dandogli un suo bigliettino e tornando a un più formale ‘lei’ «se viene a sapere qualcosa, mi chiami a questo numero. E’ anche suo interesse se noi mettiamo le grinfie sull’assassino. Sassarese o non sassarese, si tratta pur sempre di un estraneo che ha invaso delle zone che sono di competenza delle bande cagliaritane» concluse poi ben sapendo che Mantininca, al di là dei suoi dinieghi, era tuttora attivissimo come topo di appartamenti proprio in quella zona, dove era stato commesso l’omicidio per cui stava svolgendo indagini.

«’Bellu fill’ e bagassa custu Farci!» esclamò Mantininca dopo che il sovrintendente si era già allontanato di un bel po’ – rigirandosi per le mani  il bigliettino che il  poliziotto gli aveva dato.

«Dallo a me quel biglietto, prima che te lo trovino in tasca i tuoi amici e ti diano qualche ‘surra’  pensando che sei uno spione!» gli disse il cognato «E vedi di finire quella portiera, che dopodomani viene il cliente a ritirarsela»

«Cee! Hai ragione! Tienilo tu! Meglio non averlo  in tasca! Non si sa mai!»

Martininca riprese a scartavetrare di  buona lena, maledicendo in cuor suo gli sbirri e  i sassaresi, ma  sperando comunque che la ‘Giusta’ acchiappasse quel figlio di bagassa che si era infiltrato nella sua zona senza chiedere il permesso a nessuno.

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giovedì 9 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato-30

 

«Buongiorno! Sono il sovrintendente Farci della Squadra Omicidi della Questura di Cagliari!» disse ai due cognati, che avevano continuato a lavorare come se niente fosse!

«Son venuto a parlare  con lei, signor Girau!» disse rivolto al più giovane dei due cognati. Il sovrintendente si era studiato le foto segnaletiche prima di muoversi e in ogni caso non avrebbe mai corso il rischio di sentirsi dire che il sullodato Girau non era presente.

«Non si preoccupi» aggiunse subito a beneficio dell’interlocutore, che era sbiancato in viso «Devo farle soltanto delle domande che riguardano l’omicidio avvenuto la domenica pomeriggio del 23 aprile appena scorso!»

«Cosa vuole che ne sappia io di omicidi!» disse ‘Sa Mantininca’ «io ho già pagato il mio conto con la giustizia. Ero dentro per furto e sono uscito a marzo. Adesso lavoro con mio cognato e rigo dritto!»

«Però lei è stato visto nei pressi della casa dove è stato commesso l’omicidio!» disse bluffando il sovrintendente. Sa Mantininca abboccò subito all’amo.

«Chi è stato quella carogna, bugiardo e spione! Me lo dica e vediamo se ha il coraggio di ripeterlo davanti a me!»

«Mi scusi, brigadiere!» intervenne ‘Bomboletta’, che probabilmente era fermo ancora a quando i poliziotti avevano i gradi da militari «ha detto domenica 23 aprile di pomeriggio?»

Come il sovrintendente annuì, quello aggiunse subito:  «Mi sa che eravamo insieme alla partita del Cagliari; allo stadio S. Elia; noi facciamo parte degli Ultras Rossoblu del Club di Marius; i biglietti io li chiedo sempre al presidente del club, che me li procura scontati!»

Il sovrintendente continuò a scrivere  impassibile.

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mercoledì 8 dicembre 2021

Il commissario e l'avvocato - 28

 

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Il commissario voleva godersi ancora un po’ il suo confortevole divano; si preparò un caffè, mise un disco della Carmen e dopo aver recuperato il libretto che venti anni prima aveva acquistato al teatro in occasione della regia che il grande Peter Brook aveva curato per quell’opera all’anfiteatro romano, ormai chiuso agli spettacoli da anni, si dedicò alla lettura del libretto. Gli serviva da ripasso, ma gli sarebbe stato utile qualora la sua accompagnatrice si fosse voluta confrontare con lui su quell’opera così densa di sentimento e di passione.

La sua accompagnatrice, all’indomani, si mostrò alquanto preparata. Si era vestita con una  gonna plissettata color ocra, al ginocchio e un maglioncino nero, a maniche corte, sui spiccava un filo di perle bianche. Una giacca in tinta con la gonna e una pochette rossa, a tracolla,  abbinata nel colore  alle scarpe tacco dieci,  completavano la sua mise elegante.

Il commissario ebbe da ridire sulla regia, che aveva ambientato la vicenda negli anni trenta del secolo ventesimo, invece di adeguarsi all’ambientazione originale, che retrodatava a oltre un secolo precedente. Luisa lodò come  apprezzabile  lo sforzo registico, definendolo un tentativo apprezzabile di svecchiare l’opera.

In pizzeria riuscirono a parlare della vicenda di via Giudicessa Adelasia. L’avvocato Levi consegnò al commissario un elenco completo e una descrizione dettagliata dei gioielli che erano custoditi nella cassaforte, appartenuti alla povera signora Emma Pirastu. Quella donna non smetteva mai di sorprenderlo per l’intelligenza e il fascino che riusciva a dimostrare in eguale misura e in pari intensità. Lo informò inoltre che il suo assistito era andato in Banca e aveva scoperto che era stati effettuati due prelievi con il bancomat, in due giorni differenti: il giorno dell’omicidio e il giorno dopo. Poi la banca, letta la notizia sul giornale aveva provveduto a bloccare il conto corrente.

Alessandro Pirastu aveva precisato che, nonostante le sue raccomandazioni in senso contrario, sua zia si



ostinava ad avvolgere la tessera bancomat in un foglio di carta ove aveva trascritto il codice segreto (che lui invece ricordava a memoria). Quindi il ladro omicida aveva avuto gioco facile a fare i prelievi.

 Per quanto riguarda il libretto postale le cose erano un po’ più complicate.  Era stato emesso dalle Poste Centrali di Piazza del Carmine ma i prelievi, con appropriati  documenti di identità, si potevano fare in tutti gli uffici d’Italia, nel limite, pare, di seicento euro al mese. Col libretto erano spariti anche la carta di identità della vittima. Il suo assistito si sarebbe recato alle Poste per vedere di bloccare il libretto, pur se non ne ricordava a memoria gli estremi. Ad ogni buon conto, lei, l’avvocato, avrebbe provveduto a mandare una diffida alla sede legale di Torino per bloccare comunque i prelievi da ogni titolo cartaceo, materiale o immateriale,  intestato alla defunta Emma Pirastu.

Insomma per il commissario non era rimasto un granché da fare, almeno con riguardo alla Banca e alle Poste.

Si salutarono in via Giudicessa Vera, una parallela della via Torbeno e della stessa via Giudicessa Adelasia dove il commissario De Candia aveva parcheggiato la sua auto.

Luisa gli diede un bacio fugace sulle labbra, stringendosi a lui con trasporto e ringraziandolo ancora per le rose rosse e per la serata trascorsa insieme.

Vedendola andar via, il commissario si chiese se l’avesse potuta ancora stringere tra le braccia. Era la cosa che avrebbe voluto di più,  in assoluto.

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