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Il commissario De Candia amava molto il teatro;
sicuramente più del cinema; suo padre era stato abbonato per una decina
d’anni, alla rivista ‘Il Dramma’, il
quindicinale che Lucio Ridenti, alias Ernesto Scialpi, aveva diretto sino alla
fine degli anni sessanta; su quella rivista, sin da ragazzo, si era fatto una
certa conoscenza del teatro di prosa
italiano in auge negli anni a cavallo tra il cinquanta e il sessanta,
familiarizzandosi con i grandi interpreti di quegli anni: Gino Cervi, Ernesto
Calindri, Paolo Stoppa, Andreina Pagnani, Paola Borbone, Emma e Irma Gramati,
lo stesso Vittorio Gassman (poi transitato con successo al cinema); successivamente l'opera, grazie alla moglie, melomane competente e appassionata, aveva preso il
sopravvento sulle altre forme di spettacolo e il teatro era rimasto relegato
nei ricordi in bianco e nero della televisione e in quelle riviste
quindicinali.
Schnitzler lo conosceva di fama e aveva persino letto
qualcosa di suo, in passato. Non era tra gli autori che conosceva meglio, questo
è certo. Senza ombra di dubbio lo considerava un grande autore, ma troppo
introspettivo e cerebrale; troppo attento a scavare dentro la psiche dei suoi
personaggi, mettendo in luce insieme
alle loro fragilità, anche le debolezze di una società fondata sulla finzione,
sull’ipocrisia e sulla menzogna. Qualcuno sosteneva addirittura che l’autore
fosse l’alter ego di Sigmund Freud, tutto teso com’era, nella sua produzione
drammaturgica, a scavare dentro i personaggi, alla ricerca delle pulsioni nascoste,
delle libido sommerse nel sub conscio, dei segreti della psiche.
Ma se la sua amica Luisa Levi amava molto quell’autore
(come a lui era sembrato di intuire dall’entusiasmo con cui, poco prima, gli
aveva comunicato l’evento) lui era pronto a rivalutarlo e anche ad esaltarlo,
se necessario. Non di meno, egli preferiva spettacoli meno impegnativi; era
portato a divertirsi e, possibilmente anche a ridere, quando andava a teatro.
Forse era un suo limite, una sua autodifesa, non
vedere quelle debolezze, quelle maschere, quelle finzioni del mondo reale che i
grandi drammaturghi riuscivano a mettere in scena.
Del resto, lui, di maschere ne vedeva abbastanza nel
suo ambiente, tra diseredati e ricercati, colleghi, superiori e magistrati. E
forse l’aver perso la sua compagna prematuramente, dopo appena dieci di
matrimonio, gli aveva impedito di vedere la loro unione degradare negli abissi dell’abitudine e dell’ipocrisia
che sembravano emergere da certi capolavori della drammaturgia del secolo
ventesimo appena scorso.
Prima di addormentarsi, mentre già il tomo che stava
consultando gli incominciava a ballare davanti agli occhi semichiusi, gli venne
in mente quella spiegazione che l’avvocato aveva abbozzato, per giustificare la
sua sparizione improvvisa, dopo che la loro storia sembrava essersi invece
avviata verso un percorso di consolidamento.
Luisa Levi aveva avuto forse paura che la loro unione
potesse scivolare su un crinale di noia e di abitudine, spegnendo quella
loro attrazione, fisica che era anche mentale, psicologica e
intellettuale? Quell’attrazione che si
era concretizzata, in più di un’occasione, in amplessi appassionati che li avevano visti fusi in una congiunzione
quasi magica, come due corpi celesti attratti da una forza misteriosa, costante
ed eterna come la forza gravitazionale che tiene uniti gli astri e le
galassie nell’universo infinito!
Quando si svegliò il commissario ripose il libro che
gli era caduto dalle mani e si preparò per la sua passeggiata a Monte Urpinu,
dove andava tutte le volte che poteva, a camminare, più che a correre, e a
respirare in piena libertà tra i pini, i carrubi, gli olivastri e le querce dell’immenso parco, un tempo
periferia della città di Cagliari dove avevano regnato le volpi e gli
scoiattoli e che oggi risultava inglobato nel centro abitato, pur continuando a
costituire un polmone fondamentale per i cagliaritani e per chiunque
desiderasse immergersi nella natura, lasciandosi alle spalle inquinamenti e
rumori.
E lui, al dilettevole, univa anche l’esigenza di mantenersi
in forma, preservando dall’incipiente sedentarietà, gli addominali che aveva
coltivato nei decenni precedenti e la forma fisica alla quale teneva ancora
così tanto.
Ed era grazie a quelle sue ricorrenti passeggiate che
era riuscito a tenere a bada il suo peso e la pinguedine incipiente, che
aspetta gli uomini al varco della cinquantina; anche se il commissario,
tuttavia, aveva ancora qualche anno prima di raggiungere il fatidico traguardo
del mezzo secolo di vita.
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