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Il
commissario, reso ancor più lieto dalla telefonata, si accinse a cucinare.
Sbucciò mezza cipolla, tagliandola a tocchi grossi e
la mise a soffriggere in un filo d’olio d’oliva. Aggiunse quindi la polpa di
pomodoro e un bicchiere d’acqua con un pizzico di sale. Nel frattempo che il
soffritto procedeva mise a bollire una pentola d’acqua e si mise a pulire in
fretta i fagiolini, privandoli delle estremità e levandoli sotto l’acqua
corrente.
Salò l’acqua che aveva preso a bollire e ci mise
dentro i fagiolini. Dopo cinque minuti
li scolò con un mestolo bucato e li mise nella padella del sugo e ve li lasciò
quindici minuti buoni.
Nell’acqua dei fagiolini, riportata al bollore, mise
duecento grammi di pasta integrale: una metà l’avrebbe consumata subito e
l’altra metà l’avrebbe lasciata a domani. Completò il pranzo con un assaggio di
formaggi, un’insalata verde e un buon bicchiere di vino rosso Cannonau.
Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della
sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su
Arthur Schnitzler.
Scoprì che l’ultimo
film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e
che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un
romanzo dell’autore viennese ‘Doppio sogno’; lo stesso commediografo della
‘Giovane Vienna’ che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei
con ‘Girotondo’, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua
amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.
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