«Ma
chi lo dice che il momento della chiamata di intervento della vicina coincida
esattamente con la morte della vittima? Non potrebbe essere che la signora
abbia urlato ben prima di essere uccisa e la colluttazione si sia protratta per
diversi minuti?» suggerì l’ispettore
Zuddas, che per carattere tendeva sempre a fare l’avvocato del diavolo.
«D’accordo,
ma questa colluttazione con chi sarebbe avvenuta? Non con l’indiziato, che non
avrebbe comunque potuto trovarsi, a quell’ora,
a casa della vittima. A meno che tu non voglia ipotizzare che avesse un complice che ha lottato con la
vittima sino all’arrivo sul luogo del delitto dell’indiziato!»
rispose il commissario, il cui scrupolo investigativo sapeva spingersi oltre
ogni limite.
«Ma
di questo fantomatico complice non c’è traccia nei verbali, giusto commissario?»
intervenne il Farci che era il più concreto dei tre componenti dell’affiatato
team della sezione omicidi.
«Certo
che no!»
confermò Santiago De Candia. «Nel fascicolo ci sono le
chiavi dell’appartamento dove è avvenuto l’omicidio. Avevo già in mente di
farci un sopralluogo domattina. Mi riprometto di verificare tutto, senza
tralasciare niente.»
«Ma
la storia del coltello in mano è stata un’invenzione dei giornali?»
chiese ancora con curiosità il Farci.
«Io
credo che sia stata una sfortunata coincidenza, come scrive l’avvocato
difensore nel ricorso. In pratica l’arrivo della pattuglia della Polizia
giudiziaria è stata quasi contemporanea all’arrivo del nipote, il quale
entrando con le sue chiavi ha trovato il coltello insanguinato per terra.
Ingenuamente lo ha raccolto e si è messo a cercare la zia, trovandola poi in
cucina, praticamente già morta. E così l’hanno trovato i Carabinieri, inebetito
e tremante. In una mano stringeva ancora il coltello, mentre nell’altra aveva
una busta con dei generi alimentari che gli aveva chiesto la zia il giorno
prima»
rispose il commissario.
«Decipit
frons prima multos!» sentenziò l’ispettore
riacquistando la sua consueta sicurezza e quasi pentendosi della sua ipotesi
dell’esistenza di un complice.
«C’è un’altra cosa che dobbiamo
considerare, prima di escludere ovvero prendere in considerazione l’eventualità
della presenza di un complice» si affrettò a dire il
commissario per scongiurare le proteste del sovrintendente, che sbuffava
regolarmente a ogni frase in latino del loro collega. «Secondo
il medico che ha effettuato l’autopsia l’assassino ha sferrato tre colpi, dal
basso verso l’alto. E i fendenti sono stati inferti da un destrimane, mentre
l’indiziato, come precisa il verbale, impugnava il coltello nella sinistra e,
per giunta, è anche mancino.»
«Beh, questo non esclude la presenza di un
complice. Anzi, sembrerebbe confermarlo…» disse
ancora l’ispettore, ma meno convinto di prima.
«Certamente. Ma a questo punto, perché non
pensare che il vero assassino abbia agito indipendentemente dall’indiziato?
Comunque domani, senza trascurare neppure questa pista, voglio verificare da
dove possa essere entrata questa terza persona, la cui presenza sembra farsi
strada sempre più a rigor di logica. Anche alla luce del fatto che l’indagato
ha dichiarato di essere entrato con le chiavi. Quindi, o il vero assassino si è
infilato dall’esterno, oppure la porta gli è stata aperta dalla stessa vittima.»
«In effetti ci sono diversi punti oscuri.
La vittima conosceva l’assassino? Io propenderei per il sì. Chi si fiderebbe
oggi ad aprire a uno sconosciuto?»
puntualizzò l’ispettore.
«Purtroppo sappiamo per esperienza che
molti anziani lo fanno. Per leggerezza o perché vengono ingannati. Ovviamente,
dopo il sopralluogo, saremo in grado di valutare meglio le diverse ipotesi.»
«Vuole che veniamo con lei, commissario?»
si offrì il sovrintendente.
«Ma
chi lo dice che il momento della chiamata di intervento della vicina coincida
esattamente con la morte della vittima? Non potrebbe essere che la signora
abbia urlato ben prima di essere uccisa e la colluttazione si sia protratta per
diversi minuti?» suggerì l’ispettore
Zuddas, che per carattere tendeva sempre a fare l’avvocato del diavolo.
«D’accordo,
ma questa colluttazione con chi sarebbe avvenuta? Non con l’indiziato, che non
avrebbe comunque potuto trovarsi, a quell’ora,
a casa della vittima. A meno che tu non voglia ipotizzare che avesse un complice che ha lottato con la
vittima sino all’arrivo sul luogo del delitto dell’indiziato!»
rispose il commissario, il cui scrupolo investigativo sapeva spingersi oltre
ogni limite.
«Ma
di questo fantomatico complice non c’è traccia nei verbali, giusto commissario?»
intervenne il Farci che era il più concreto dei tre componenti dell’affiatato
team della sezione omicidi.
«Certo
che no!»
confermò Santiago De Candia. «Nel fascicolo ci sono le
chiavi dell’appartamento dove è avvenuto l’omicidio. Avevo già in mente di
farci un sopralluogo domattina. Mi riprometto di verificare tutto, senza
tralasciare niente.»
«Ma
la storia del coltello in mano è stata un’invenzione dei giornali?»
chiese ancora con curiosità il Farci.
«Io
credo che sia stata una sfortunata coincidenza, come scrive l’avvocato
difensore nel ricorso. In pratica l’arrivo della pattuglia della Polizia
giudiziaria è stata quasi contemporanea all’arrivo del nipote, il quale
entrando con le sue chiavi ha trovato il coltello insanguinato per terra.
Ingenuamente lo ha raccolto e si è messo a cercare la zia, trovandola poi in
cucina, praticamente già morta. E così l’hanno trovato i Carabinieri, inebetito
e tremante. In una mano stringeva ancora il coltello, mentre nell’altra aveva
una busta con dei generi alimentari che gli aveva chiesto la zia il giorno
prima»
rispose il commissario.
«Decipit
frons prima multos!» sentenziò l’ispettore
riacquistando la sua consueta sicurezza e quasi pentendosi della sua ipotesi
dell’esistenza di un complice.
«C’è un’altra cosa che dobbiamo
considerare, prima di escludere ovvero prendere in considerazione l’eventualità
della presenza di un complice» si affrettò a dire il
commissario per scongiurare le proteste del sovrintendente, che sbuffava
regolarmente a ogni frase in latino del loro collega. «Secondo
il medico che ha effettuato l’autopsia l’assassino ha sferrato tre colpi, dal
basso verso l’alto. E i fendenti sono stati inferti da un destrimane, mentre
l’indiziato, come precisa il verbale, impugnava il coltello nella sinistra e,
per giunta, è anche mancino.»
«Beh, questo non esclude la presenza di un
complice. Anzi, sembrerebbe confermarlo…» disse
ancora l’ispettore, ma meno convinto di prima.
«Certamente. Ma a questo punto, perché non
pensare che il vero assassino abbia agito indipendentemente dall’indiziato?
Comunque domani, senza trascurare neppure questa pista, voglio verificare da
dove possa essere entrata questa terza persona, la cui presenza sembra farsi
strada sempre più a rigor di logica. Anche alla luce del fatto che l’indagato
ha dichiarato di essere entrato con le chiavi. Quindi, o il vero assassino si è
infilato dall’esterno, oppure la porta gli è stata aperta dalla stessa vittima.»
«In effetti ci sono diversi punti oscuri.
La vittima conosceva l’assassino? Io propenderei per il sì. Chi si fiderebbe
oggi ad aprire a uno sconosciuto?»
puntualizzò l’ispettore.
«Purtroppo sappiamo per esperienza che
molti anziani lo fanno. Per leggerezza o perché vengono ingannati. Ovviamente,
dopo il sopralluogo, saremo in grado di valutare meglio le diverse ipotesi.»
«Vuole che veniamo con lei, commissario?»
si offrì il sovrintendente.
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