Quando giunsero in vista di Buggerru era già pomeriggio inoltrato. Col suo fuoristrada il commissario si inerpicò senza troppe difficoltà in un promontorio roccioso in cima al quale la loro vista dominava la baia di Cala Domestica.
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Lì si fermarono a lungo e in silenzio,
persi nei loro pensieri. E mentre Amàlia Rodrigues cantava i suoi strali di
sofferenza, le loro anime si fusero in quella saudade malinconica, pervase da quel
languore fisico che solo il Fado, il Flamenco, il Blues e certe Canzoni
Napoletane, nelle loro diverse e struggenti varianti, sanno dare. E quel
silenzio li unì più di tutte le storie
che si erano raccontati, dalla partenza, durante il viaggio, nelle miniere, nel
ristorante, a ridosso delle antiche
gallerie; o forse le loro storie incombevano e si calavano in quel silenzio e,
attraverso i loro sensi, si proiettavano nel paesaggio circostante, frusciando
tra cisti e ginepri, accarezzando olivastri e corbezzoli, appianando sino al
mare della costa verde, dopo avere sfiorato i faraglioni, le falesie e le torri spagnole che un tempo avevano difeso
quelle coste dalle incursioni dei Saraceni.
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Dopo che
il sole si fu immerso nel mare,
in cielo apparve una luce, quasi all’improvviso.
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- “ Guarda com’è lucente e vicina!” –
disse Luisa Levi indicando quella luce sopra l’orizzonte.
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- “ Dev’essere…”-
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-“ …Venere!” – concluse lei, precedendolo.
Lui
si voltò a guardarla. Quella luce, quel nome, quella parola che lei aveva
pronunciato, quasi leggendogli nel pensiero,
gli avevano suscitato
all’improvviso una trepidazione e un’emozione che ritrovò magicamente negli
occhi di lei.
Rimasero
così, a guardarsi negli occhi, per un lungo istante, stupiti di se stessi e
della loro tenera trepidazione. Non dissero altro. Si baciarono a lungo. Poi i
loro corpi si cercarono, con un’attrazione che gli spazi ridotti dell’auto
sembrarono rendere perfino più forte e irresistibile.
E si amarono, sotto la luce sempre più forte di Venere, mentre fuori il concerto dell’avi fauna e il frusciare del vento nella flora selvaggia, accompagnava i loro sospiri e la danza dei loro corpi, fusi nel magico ripetersi di un atto, apparentemente sempre uguale, come il perpetuarsi della specie, eppure sempre diverso, come differenti sono le occasioni e le emozioni che culminano nell’amore.
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