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Quando si svegliò il commissario ripose il libro che
gli era caduto dalle mani e si preparò per la sua passeggiata a Monte Urpinu,
dove andava tutte le volte che poteva, a camminare, più che a correre, e a
respirare in piena libertà tra i pini, i carrubi, gli olivastri e le querce dell’immenso parco, un tempo
periferia della città di Cagliari dove avevano regnato le volpi e gli
scoiattoli e che oggi risultava inglobato nel centro abitato, pur continuando a
costituire un polmone fondamentale per i cagliaritani e per chiunque
desiderasse immergersi nella natura, lasciandosi alle spalle inquinamenti e
rumori.
E lui, al dilettevole, univa anche l’esigenza di mantenersi
in forma, preservando dai pericoli della sedentarietà, gli addominali che aveva
coltivato nei decenni precedenti e la forma fisica alla quale teneva ancora
così tanto.
Ed era grazie a quelle sue ricorrenti passeggiate che
era riuscito a tenere a bada il suo peso e la pinguedine incipiente, che
aspetta gli uomini al varco della cinquantina; anche se il commissario,
tuttavia, aveva ancora qualche anno prima di raggiungere il fatidico traguardo
del mezzo secolo di vita.
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