Gli avventori del bar di
Tonio sembravano scatenati.
«Com’era
possibile? »
«Ma
dove arriveremo, se si liberavano perfino gli assassini colti in flagranza di
reato?
»
«Possibile
che la giustizia abbia reso le armi di fronte alla delinquenza? »
«L’Italia
è ormai un paese senza speranza.»
Il commissario uscì dal
bar con un senso di liberazione. Un altro po’ e ci sarebbe stata, ne era
certo, l’immancabile invocazione all’Uomo
Forte. Il Risolutore, un uomo soltanto al comando, capace di raddrizzare le
storture di una democrazia fasulla e, magari, di fare arrivare i treni in
orario!
Ma la vera sorpresa
arrivò a mezzogiorno, quando l’ispettore Zuddas e il sovrintendente Farci, i
due più stretti collaboratori di Santiago De Candia nella squadra omicidi della
questura di Cagliari, fecero capolino
nel suo ufficio con un fax della procura!
«Appena
giunto via fax dalla procura generale, commissario!»
disse trafelato l’ispettore Zuddas, allungando un foglio di carta lucida.
«Che
cos’è?»
chiese il commissario prendendo il foglio ma guardando i suoi collaboratori in
segno di saluto.
«È
una convocazione per il conferimento della delega alle indagini per l’omicidio
di via Giudicessa Adelasia!»
«O
dell’assassino con il coltello in mano che dir si voglia!»
intervenne il sovrintendente Farci in tono polemico.
«Caspita! Niente di meno!» esclamò Santiago De Candia, che tutto s’aspettava quella mattina, meno che l’arrivo di quella convocazione.
«Come
al solito, dopo la gloria farlocca e i pasticci grandiosi, a chi spetta
rimediare?» insisté il sovrintendente Farci, che ce
l’aveva sempre con i colleghi della giudiziaria che lui chiamava di-
spregiativamente gli scalda sedie del Palazzo.
«Beh,
consolati pensando che evidentemente, lassù in procura, ci devono apprezzare
parecchio!» disse sornione il commissario, che
conosceva il carattere pessimista del suo valido collaboratore.
«Vabbè,
se vogliamo dire per forza che il bicchiere è mezzo pieno…»
concesse con scarsa convinzione il sovrintendente, che apprezzava tanto il suo
superiore, quanto denigrava quelli del Palazzo. Tanto più se appartenenti ai
rivali Carabinieri.
«Ad
poenitendum properat, cito qui iudicat!»
sentenziò pronto l’ispettore Zuddas, che aveva un vasto repertorio di massime
latine, retaggio dei suoi studi classici, precocemente interrotti.
«Mio
nonno diceva sempre che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi!»
disse il Santiago De Candia, che si divertiva un mondo per la reazione che
suscitavano queste massime latine nel sovrintendente, che le detestava
apertamente. Nondimeno cercava sempre, più che di tradurle, di trasmettere al
sovrintendente il senso di quello che Zuddas intendesse dire, affinché Farci
non si sentisse del tutto escluso.
Ma in realtà era un gioco delle parti, frutto della
loro ordinaria interazione, quasi come due innamorati in cerca di un pretesto
per litigare e potere poi fare pace.
«Ma
perché non parli come mangi?» protestò infatti il
sovrintendente Farci all’indirizzo del collega.
«Sarà
meglio che vada subito in procura!»
disse il commissario alzandosi, dopo aver dato uno sguardo al fax e averlo
riposto in una cartella intestata alla sezione omicidi.
«Viene con noi al bar per un aperitivo,
commissario?» chiese l’ispettore Zuddas.
«No grazie. Un’altra volta magari. Non
vorrei che il procuratore, nel frattempo, lasciasse l’ufficio!»
«Di sicuro non andrà a farsi intervistare!»
disse il sovrintendente Farci, riferendosi al fatto che il procuratore capo si
faceva intervistare soltanto per annunciare la risoluzione di casi giudiziari
di vasta eco mediatica che spesso, però, finivano nelle loro mani per una più
attenta risoluzione investigativa.
Santiago De Candia
interpose un sorriso di intesa e si avviò verso l’uscita.
«Et cave canem!»
gli gridò dietro l’ispettore, prendendo a braccetto il collega per guidarlo
verso il bar.
Il commissario si voltò e li salutò con un cenno della
mano.
Come ogni giorno a Cagliari, dopo mezzogiorno, si era
levata una brezza leggera dal mare. De Candia si coprì la bocca con la sua
immancabile sciarpa rossa. Di seta
leggera o di lana pesante, se ne privava
soltanto per andare al mare o quando indossava la tuta da ginnastica. Si
sistemò i baffi e i capelli, già spruzzati di grigio ma entrambi ancora folti e
si diresse con passo deciso in direzione del Palazzo di giustizia.
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