Elki in persona diede gli
opportuni accorgimenti per il sacrificio
dei capretti e dei cinghiali, le cui
carni sarebbero state offerte al popolo
riunito, dopo la cerimonia della restituzione delle insegne, per festeggiare il
rientro del sovrano nella sua reggia.
Itzoccar e il suo seguito osservarono da lontano il fumo dei fuochi
che arrostivano le carni; la loro visione fu confermata dal profumo che sentirono
quando imboccarono il viale di accesso settentrionale al villaggio. Quelli che
ancora non si erano recati al recinto delle feste, colti di sorpresa dal
rientro del re, o forse nell’atto di recarvisi,
si erano fermati ai bordi della
strada e ossequiavano il loro sovrano e il suo seguito, chi togliendosi il
copricapo, chi levando in alto le mani in segno di saluto; i bambini e le donne
lo acclamavano per nome. Itzoccar fu felice di quei saluti. Rispose levando il
braccio destro, con solennità e rispetto. Tutti si accodarono alle guardie per
fare l’ingresso trionfale nel villaggio.
In fondo al piazzale Irisha,
Elki, Aristea, Rumisu, Damasu e gli altri dignitari rimasti in sede erano già
schierati per accogliere il loro sovrano. Elki, in piedi alla destra di Itzoccar,
zittì la folla che festante acclamava
l’amato re, con un gesto imperioso della mano destra. Il cerimoniale, seppure
non codificato per iscritto, era tenuto in grande considerazione dal popolo dei
Nuraghi e spettava al gran sacerdote dare il benvenuto al re, invitando nel
contempo il delegato, a riconsegnare le insegne del comando al titolare
legittimo.
Il mantello doveva essere consegnato al gran sacerdote, con la mano
destra; spettava a lui allacciarlo, per mezzo dei cordoncini di cuoio, al collo
del sovrano; Elki, a quel punto, avrebbe dovuto fare un passo indietro; invece
restò fermo e guardingo. Damasu non si
avvide di questa variazione nel cerimoniale; forse era troppo giovane per
capire; oppure era troppo nervoso, con la mente fissa a quel gesto decisivo che
avrebbe cambiato in meglio la sua vita e quella del suo popolo. Il bastone, sempre con la destra, andava
consegnato direttamente al re, mentre il cinturone con il pugnale, posto a
tracolla, andava restituito con la mano sinistra. Così fece Damasu; ma mentre
riconsegnava il cinturone con la mano sinistra, con la destra estrasse il pugnale dalla sua custodia; fu un
gesto repentino; solo un attimo si vide la lama brillare e fendere l’aria per
calare sul cuore del ricevente. Elki, che era rimasto all’erta, a un passo dal re, si interpose con un balzo
deciso tra i due; la sua figura, alta quasi una spanna in più, intercettò il
fendente, all’altezza della scapola sinistra. Un urlo di orrore si levò dalla
folla.
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