last moon

lunedì 1 novembre 2021

I Thirsenoisin - 2

 


L’udienza si teneva nella grande sala circolare del mastio orientale, due volte al mese,  nel primo  giorno di luna ponente e di luna calante, di fronte alle statue colossali che rappresentavano  i capitribù di un passato immemore, ma che riviveva grazie alla loro presenza, testimoniando la  grandezza passata. Lui sedeva sul trono scolpito nella gradinata, affiancato da sua moglie Irisha e dallo sciamano Elki, le persone di cui si fidava di più in assoluto. Sua moglie riusciva a vedere delle sfumature importanti  che a lui solitamente sfuggivano, mentre Elki sapeva sempre porre le domande giuste al momento giusto. La decisione finale spettava a lui, per legge, ma dall’andamento dell’interrogatorio condotto da Elki e dagli sguardi di sua moglie, lui si sentiva più sicuro sulla decisione da prendere. I contendenti venivano sentiti separatamente;   poi assistevano insieme alla lettura  sentenza. Vi era sempre un quarto uomo del governo che assisteva alle udienze, ma non poteva intervenire per alcuna ragione. Era il rappresentante del capo delle guardie nuragiche. Doveva solo ascoltare e registrare mentalmente la decisione, perché sarebbe spettato alle guardie farla eseguire, in caso di ulteriore dissidio o inadempimento. Ma questo succedeva di rado. Ad ogni buon conto, fuori dall’aula delle udienze, un drappello di guardie garantiva l’ordine ed era pronto ad intervenire per sedare qualunque intemperanza. Ma anche questo era raro. Itzoccar godeva di una grande autorevolezza tra il popolo; era un uomo ponderato nelle decisioni ma aveva il pugno di ferro con quelli che si ribellavano e non rispettavano l’ordine costituito. Il mancato rispetto di una sua sentenza poteva voler dire la morte, o l’esilio, nella migliore delle ipotesi. Di preferenza Itzoccar non amava ricorrere all’ordalia; aveva una sorta di diffidenza per quel tipo di giudizio basato sul giuramento e sul responso misterioso e inarrivabile degli dei. Lui preferiva che si pervenisse a una sentenza fondata sulle consuetudini,  sui fatti e sul ragionamento. Finché ciò era possibile, ovviamente.

 I casi da trattare riguardavano le dispute più diverse: litigi sui furti di bestiame; furti di derrate alimentari; contestazioni sul possesso di oggetti personali; inadempimento dei versamenti dovuti all’Annona; inadempimento dei contratti stipulati tra privati; litigi tra coniugi e tra figli e genitori; aggressioni, risse, lesioni gravi e omicidi. I casi più complessi erano quelli che riguardavano membri di altre tribù, di solito quelle viciniori, che avevano i territori  confinanti con Kolossoi. In tali casi occorreva coinvolgere le autorità di appartenenza, prima di prendere una decisione. Insomma, c’era sempre un bel da fare, considerando che la tribù di Kolossoi contava quasi cinquemila abitanti, sparsi su un territorio sterminato, tutt’attorno al villaggio nuragico principale;  per tutta la parte bassa dell’Altipiano della Giara sino al confine della pianura del Campidano, si estendevano una miriade di piccoli villaggi nuragici, capanne sparse, minuscoli agglomerati, case rurali di fango e paglia; e tutti facevano capo al villaggio principale e alla reggia nuragica  di Kolossoi, almeno per le cause di seconda e ultima istanza, quando le autorità locali non erano riuscite a placare gli animi e a comporre la controversia.

Per fortuna l’udienza si chiuse quando il sole era allo zenit e non ci fu bisogno di riprendere dopo la pausa del pranzo. Le libagioni, che invero sulla tavola di Itzoccar non scarseggiavano mai, nei giorni di udienza si arricchivano dei doni portati dai contendenti: vini di ogni tipo e gradazione (particolarmente apprezzati da Itzoccar), agnellini e volatili domestici, selvaggina, pesci da arrostire, formaggi, frutta, verdure e dolci tipici venivano sapientemente gestiti da Irisha che non mancava mai di beneficiare le vedove e gli orfani, più bisognosi degli altri di  sostentamento e di aiuto materiale.

Dopo pranzo Itzoccar si ritirò per il suo consueto riposo. Poté finalmente liberare la sua mente, sbrigliandola verso l’imminente raduno settennale. Cogli occhi della mente vide il profilo del villaggio di Gisserri, col suo doppio ordine di torri, prima cinque, attorno a quella centrale, poi sette e d’intorno le capanne con la sommità di frasche. Si addormentò così, pensando al suo amico Hannibaàl e agli altri capi che avrebbe presto incontrato e con i quali avrebbe potuto concordare una comune strategia per la gestione della difficile situazione, fattasi più stringente e pesante per la pressione che le città stato dei Shardana esercitavano sui villaggi, nel tentativo,  sempre meno nascosto, di espandere la loro cultura, i loro traffici e la loro influenza politica che, al contrario di quella nuragica, sembrava in ascesa. Toccava a loro predisporre le contromisure per salvaguardare la loro sopravvivenza.

Sognò che i giganti dei  suoi antenati si risvegliavano dal sonno secolare e  affiancati dai possenti guerrieri ricacciavano in mare gli odiati Shardana e la Sardegna tornava libera e grande, come in passato e per sempre.

Al suo risveglio il mondo gli sembrò meno brutto e il futuro meno incerto. Diede gli ordini necessari a preparare il suo imminente viaggio.

 https://www.amazon.it/dp/B09GW8WWF8

Nessun commento:

Posta un commento