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mercoledì 29 settembre 2021

Il commissario e l'avvocato - 3



 Santiago De Candia è un commissario di polizia che dirige la squadra omicidi della Questura di Cagliari. Parla poco e non ama i riflettori. Ama invece Luisa Levi, un'affascinante avvocato in gonnella che l'ha conquistato con la sua avvenenza e, soprattutto, con il suo acume investigativo. 

Cosa hanno a che fare un commissario di polizia e un avvocato? Apparentemente dovrebbero muoversi su fronti contrapposti. In realtà, spesso, i loro interessi sono comuni. 

Santiago De Candia agisce sempre per la ricerca dei colpevoli dei vari omicidi le cui indagini gli vengono delegate dalla procura di Caglia, che si appoggia alla sua squadra per i casi più difficili (di solito si tratta di casi che la procura aveva sottovalutato nella loro complessità).

L'avvocato per natura dovrebbe schierarsi in difesa degli imputati. E' il suo lavoro, al sua vocazione.

Ma accade più spesso di quanto non si pensi che, nei procedimenti di natura penale,  un avvocato sia schierato nella tutela degli interessi della parte offesa.

Ecco che in questi casi i suoi interessi coincidono con quelli del commissario Santiago De Candia: assicurare alla giustizia i colpevoli di un reato, significa allora garantire per la parte offesa il ristoro dei deanni patrimoniali subiti e l'appagamento di quel senso di giustizia che è innato nell'animo umano e che anticamente doveva placarsi con la vendetta (occhio per occhio, dente per dente; mano per mano,  piede per piede; obvvero la famosa legge del taglione, presente nella Bibbia, ma anche nella Carta De Logu di Eleonora d'Arborea e in tutte le antiche legislazioni).

Santiago e Luisa si amano di un amore focoso e passionale; si sentono attratti da una forza misteriosa e primordiale, come quella che attrae i corpi celesti tra di loro. 

Ma ci sono anche delle forze antagoniste che si frappongono al loro amore. Luisa ha paura che la loro storia possa scivolare nella routine e naufragare nell'abitudine, come è già successo con il marito dal quale ha divorziato; è il padre di Stefano, il suo figlio adolescente; né lui, né Stefano compaiono nei primi sette romanzi della saga sinora scritti; anche se le lro figure, soprattutto quella di Stefano, incombono sui personaggi principali, con la loro gelosia, il loro egoismo, le paure di Luisa.

Santiago dal suo canto, pur sinceramente innamorato di Luisa, deve fare i conti con il suo primo e unico amore: la moglie, prematuramente scomparsa, che nessuna è stata capace di sostotuire; soltanto Luisa ha retto il confronto con quella figura dalla statura irraggiungibile che è stata la sua sposa per dieci anni e che un tumore maledetto gli ha portato via in modo brutale e repentino.

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Il commissario e l'avvocato - 2

 


Come ogni mattina, anche quel lunedì, il commissario Santiago De Candia, lungo il percorso che da casa sua, in via Monteverdi, lo conduceva alla Questura, fece una breve sosta all’edicola di Largo Gennari.

Checco gli allungò subito i due soliti quotidiani, piegati in due: La Stampa e L’Opinione.

Checco, come tanti cagliaritani, chiamava il quotidiano cittadino “l’Opignone”; il commissario, nonostante fosse nato  in Sardegna, non aveva ancora  capito se si trattasse di un difetto  di pronuncia oppure di un vezzo.

La seconda sosta, più lunga, era quella al Bar di Tonio, il Caffè Intilimani, come recitava l’insegna, unendo in una sola locuzione il nome composto di un famoso gruppo musicale cileno degli anni ’70 da cui, verosimilmente, il fondatore del locale aveva preso ispirazione.

Il commissario De Candia salutò con un cenno il barista. Era sufficiente. Il barista sarebbe subito arrivato con la sua colazione: ci teneva a servirlo personalmente.

Seduto al suo solito tavolino, in fondo al locale, mentre aspettava   il suo cappuccino e il suo croissant alla crema, aveva aperto l’Opinione. A prescindere dal nome, il quotidiano regionale si faceva apprezzare soltanto per la sua cronaca (per le opinioni, quelle vere, lui preferiva la Stampa di Torino, sulla quale si era orientato dopo tanti anni passati a formarsi sulla Repubblica).


- “ Ha letto dell’assassino preso col coltello in mano?” – gli disse Tonio poggiando il vassoio. Siccome non si aspettava alcuna risposta, riprese con un tono di rassegnazione: - “ I miei clienti non parlano d’altro oggi!”

Il commissario De Candia non amava molto le chiacchiere. Dopo anni che frequentava il suo bar, Tonio aveva imparato a rispettare la  riservatezza di quell’uomo che comunicava l’essenziale cogli occhi ed evitava ogni parola superflua.

Di spalla la notizia rimandava alle pagine interne della cronaca. Una pagina intera era dedicata all’assassino con il coltello in mano, come il giornale aveva definito l’omicidio che il barista gli aveva segnalato.

C’era una foto della vittima: una certa Emma Pirastu, di anni ottantaquattro. Una bella signora, osservò De Candia; distinta, dal viso intelligente, forse un’insegnante in pensione oppure un’impiegata. 

Era stata uccisa, in un quartiere residenziale di Cagliari, dal nipote, un quasi trentenne, di cui si riportavano soltanto le iniziali.

L’assassino era stato colto in flagranza di reato con il coltello ancora in mano, grondante del sangue della zia, che giaceva esanime ai suoi piedi, in cucina. I Carabinieri della Polizia Giudiziaria, coordinati dal procuratore capo Bartolomeo Gessa, intervenuti prontamente sul posto dietro segnalazione di una dirimpettaia, allarmata dalle urla disumane della povera vittima,  avevano  risolto a tempo di record il caso, assicurando l’assassino  alla giustizia, commentava la capo redattrice della cronaca nera, Maria Carla Coseno. 

Il commissario si sentì prudere il naso. Aveva sempre sentito dire che il prurito al naso poteva significare due cose alternativamente: soldi in arrivo oppure colpi; ma il suo era un naso da sbirro e spesso gli prudeva quando leggeva qualcosa che non quadrava; oppure quando stava per imbattersi in qualcosa di importante e di risolutivo; gli succedeva talmente spesso che ormai non ci faceva quasi più caso; in quell’occasione poteva perfino trattarsi di un po’ di zucchero a velo, finito dal croissant sul suo naso; per cui ci strofinò sopra un tovagliolo, mentre si detergeva le labbra da eventuali segni della colazione e si alzò in piedi.

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domenica 26 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia - 11




Il lunedì successivo, verso le undici, il centralinista passò una telefonata al commissario De Candia. Una signora  aveva chiamato per parlare con qualcuno  della   sezione omicidi.

- “ Chi parla?” – chiese il commissario in tono gentile.

-          “ Sono Maria Grazia Picciau” – disse una voce che mostrava una certa emozione-“ Si ricorda? Ci siamo incontrati   mercoledì scorso!”

-          “ No. Credo che lei abbia incontrato  uno dei miei collaboratori, l’ispettore Zuddas. Io sono il commissario De Candia.

-          “ Ah, sì, mi pare che si sia presentato proprio con quel nome… – la voce si arrestò di colpo, come se fosse stata in punto di dire qualcosa di imbarazzante.

-          “ Lei è la nipote di Emma Pirastu, se non sbaglio.”- disse il commissario cercando di mostrarsi  affidabile e informato sui fatti.

-          “ Sì, certo. Il suo collaboratore  mi aveva chiesto notizie di mio fratello Andrea…” – aggiunse ancora la voce. Sembrava esitante; il commissario si sentì prudere il naso; aveva stabilito che questo gli succedeva sempre quando nell’aria c’era qualcosa di importante, nel bene o nel male. Il commissario attese ancora un po’ al telefono, poi chiese:

-          - “ Ha avuto notizie di suo fratello?” – Cercò di modulare la voce su toni di paziente attesa.

-          “ No, sono molto preoccupata. Venerdì pomeriggio sono andato a prenderlo in comunità, come sempre, e ho scoperto che si era assentato da un paio di giorni. Ma nessuno mi ha detto niente. Il direttore mi ha detto che un funzionario della questura di Cagliari  era stato da lui lo stesso giorno di mercoledì, ma a me era sembrato che non sapesse niente dell’assenza di mio fratello. Ho pensato che forse non si era trattato dello stesso funzionario.

-          Il commissario capì che stava parlando con una persona attenta e sensibile, probabilmente in preda a qualche sentimento di contraddizione, come se fosse combattuta. Cercò di procedere con metodo. Per esperienza sapeva che in certe situazioni le persone tendevano a chiudersi o ad aprirsi a seconda di come l’interlocutore agiva sul loro stato d’animo.

-          - “ A volte noi poliziotti, per rispetto del protocollo che ci impone la riservatezza, tendiamo a non dire ciò che sappiamo…”



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venerdì 24 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia - 9




Il commissario, reso ancor più lieto dalla telefonata, si accinse a cucinare.

Sbucciò mezza cipolla, tagliandola a tocchi grossi e la mise a soffriggere in un filo d’olio d’oliva. Aggiunse quindi la polpa di pomodoro e un bicchiere d’acqua con un pizzico di sale. Nel frattempo che il soffritto procedeva mise a bollire una pentola d’acqua e si mise a pulire in fretta i fagiolini, privandoli delle estremità e levandoli sotto l’acqua corrente.

Salò l’acqua che aveva preso a bollire e ci mise dentro i fagiolini. Dopo  cinque minuti li scolò con un mestolo bucato e li mise nella padella del sugo e ve li lasciò quindici minuti buoni.

Nell’acqua dei fagiolini, riportata al bollore, mise duecento grammi di pasta integrale: una metà l’avrebbe consumata subito e l’altra metà l’avrebbe lasciata a domani. Completò il pranzo con un assaggio di formaggi, un’insalata verde e un buon bicchiere di vino rosso Cannonau.

Dopo il caffè andò a ripescare il quarto volume della sua Storia del Teatro della Garzanti e, sdraiato sul divano, si concentrò su Arthur Schnitzler.

Scoprì che l’ultimo  film di Kubrick, un regista che aveva apprezzato molto in gioventù, e che avevano da poco ripassato in prima assoluta TV, era stato tratto da un romanzo dell’autore viennese “Doppio sogno”; lo stesso commediografo della “Giovane Vienna” che a suo tempo scandalizzò i benpensanti suoi contemporanei con “Girotondo”, il dramma in programmazione al Teatro Massimo, che la sua amica Luisa Levi lo aveva invitato a vedere all’indomani.




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mercoledì 22 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia - 7

 



Maria Grazia Picciau era una donna sui trentacinque anni, piccola e rotondetta; portava degli occhiali da miope con le lenti affumicate e vestiva in maniera decorosa ma poco vivace; emanava un non so che di triste e sorrideva di rado, forse perché la sua dentatura presentava qualche imperfezione.” Omni gaudio, decoris iunctim” – pensò l’ispettore Zuddas, ma si guardò bene dal dirlo.

-          “ Grazie per il suo tempo signorina Picciau. Io mi sono qualificato come un funzionario del ministero degli interni e le ho dato una mezza verità; l’altra mezza è che sono della squadra omicidi di Cagliari e voleva sentirla a proposito di suo fratello Andrea”. – disse l’ispettore una volta accomodati.

-          - “E’ successo qualcosa di brutto a mio fratello?” – sussultò impallidendo la giovane impiegata. “

-          “ No, no, stia tranquilla” -  si affrettò a dire l’ispettore. L’omicidio per cui sto indagando è quello di sua zia Emma!”

-          - “ Ah!” – fece quella un po’ sollevata. – “ Povera zia Emma, anche se i rapporti con noi si erano diradati, mi è dispiaciuto che abbia fatto quella brutta fine!”

-          - “ Anche suo fratello si sarà dispiaciuto!” – disse l’ispettore sornione, ma con non curanza.

-          - “ Non più di tanto!”- rispose prontamente quella – “ Mia zia Emma non faceva niente per nascondere la sua contrarietà al modo di vivere di mio fratello; e mio fratello ricambiava la sua antipatia con l’indifferenza; anche se dentro di sé soffriva, soprattutto per il fatto che essendo mia zia molto ricca, lui si sarebbe aspettato una qualche forma di sostegno economico da parte sua.”

-          “ Suo fratello aveva bisogno di soldi? Sta forse attraversando un periodo di crisi?” – fece l’ispettore, sempre con quella sua aria da confessore disposto ad ascoltare con comprensione qualunque cosa.

-          - “ Periodo?” – fece l’impiegata con quel suo sorriso triste e amaro- “ La crisi finanziaria di mio fratello dura praticamente da quando ha imparato a contare i soldi. Ma si è acuita dopo i vent’anni, quando ha lasciato l’università e si è messo con delle cattive amicizie…ma forse a lei non interessano queste cose così personali…”

-          “ No, continui pure, signorina!- la incoraggiò l’ispettore.

-          “ I miei poveri genitori si sono spesi anche quello che non avevano per stare appresso ai suoi vizi!” – sbottò lei con un tono che quasi sconfinava nel risentimento; ma fu solo un attimo; subito il suo tono si adagiò su note pietistiche- “ Mio fratello è  un tossicodipendente; ci aggiunga che ha sempre amato la bella vita e il quadro è completo!”

-          “ Ma attualmente cosa sta facendo? Vive nella casa dei genitori?” – disse l’ispettore spingendo il suo gioco sino in fondo.

-          - “ Non c’è più nessuna casa. Se la sono portata via le banche a causa dell’ipoteca che i miei genitori avevano acceso per ottenere altri soldi. Tutti per la droga, per i vizi e i lussi di mio fratello!”- questa volta la donna non seppe trattenere le lacrime.

-          L’ispettore si sentì in colpa. Il suo lavoro di sbirro, a volte, faceva schifo. Ma qualcuno lo doveva pur fare.

-          - “ Attualmente si trova in una comunità di recupero, verso San Giovanni Suergiu. Io gli voglio bene, nonostante tutto; siamo molto legati e ormai mi è rimasto solo lui. I fine settimana viene a casa mia e gli presto la macchina. A volte mi sembra tornato quello di una volta; senza la droga era tutto un’altra persona, mi creda!

-          “ E’ da molto che non lo vede?” – chiese ancora l’ispettore; ormai l’interrogatorio volgeva al termine.

-          “ L’ho riaccompagnato avantieri, in comunità, come sempre. Adesso lo andrò a prendere di nuovo venerdì pomeriggio, come smonto dal lavoro.”

-          “ Ha notato qualcosa di diverso in lui, questo fine settimana?” – chiese l’ispettore a bruciapelo. La donna parve sorpresa. Ci pensò su e poi disse:

-          - “ Non direi. Mi è sembrato forse un più allegro del solito, ma da quando è in comunità ho notato, in linea generale, dei cambiamenti in meglio.

-          -“ Se lo vede gli dice di chiamarmi?” – gli disse l’ispettore alzandosi in piedi per accommiatarsi.

-          “ Certo! Glielo dirò venerdì; e se lo sento anche prima!” – fece lei prendendo il bigliettino e alzandosi per andare a pagare.

-          “ Mi permetta di pagare anche la sua consumazione!”- disse l’ispettore precedendola alla cassa. – “ E grazie ancora per il suo tempo!”

 

E mentre la sfortunata ragazza si dirigeva pensierosa e cupa a riprendere il lavoro, l’ispettore recuperò la sua auto e si diresse verso Cagliari.

Tutto sommato la sua trasferta non era andata del tutto male.



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lunedì 20 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia - 5

 

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- “ Chi sono questi avventori e che cos’è questa storia della rivoluzione?” – chiese l’avvocato divertita, ma con un tono lievemente preoccupato.

-          - “ Niente, niente!” – disse il commissario ancora ridendo. – “ Non ti ho mai raccontato dei commenti che sento al bar dove faccio colazione al mattino?”

-          - “ Forse sì!”- disse l’avvocato, sempre in tono semiserio – “ ma sicuramente non con riferimento a questo caso”.

-          - “ Niente di cui tu ti debba preoccupare, cara Luisa; dico davvero!- la tranquillizzò il commissario. – “ Piuttosto, sai per caso se quel testamento è custodito in una cassaforte a muro, dietro un quadro della sacra famiglia, nel salottino  della casa della defunta signora Pirastu?”

-          - “ Diavolo d’uno sbirro! Come hai fatto a indovinare?!” – esclamò sorpresa l’avvocato,  con un accento di ammirazione nella voce!

-          - “ Be’, non ci voleva poi molto!” – si schermì l’avvocato, comunque lusingato dall’ammirazione della sua compagna di viaggio.

-          “ E sono anche certo che tu saprai indicarmi quali altri parenti potrebbero essere interessati, quantomeno in linea teorica, a questo testamento. O sbaglio?”

-          - “ No, non sbagli. La signora Emma era nubile e senza figli. Lei aveva una sorella, più giovane,  Anita, che un tumore si è portata via anzitempo;  ha lasciato due figli che vivono a Carbonia; aveva inoltre   un fratello, Angelo Pirastu, di cui Alessandro, il  mio assistito è figlio unico. Anche se non ci sono dei legittimari, senza il testamento,  l’ingente patrimonio della defunta andrebbe diviso tra il fratello Angelo e i due nipoti di Carbonia, che subentrerebbero alla madre per rappresentazione. Invece,
grazie al testamento verrebbero esclusi, sia i due nipoti di Carbonia, sia il papà del mio assistito, che però è semi paralitico, pur essendo parecchio più  giovane  della defunta sorella.

-          “ Stai dicendo che gli unici sospettabili sono in realtà i due nipoti di Carbonia?

-          “ Io non ho detto niente! Lo sbirro sei tu, mica io!” – disse l’avvocato in maniera simpatica, ma mettendosi subito sulla difensiva.

-          “ Be’, potrebbe trattarsi anche di un furto finito male, nel senso che magari il ladro ha reagito d’impulso, dopo essere stato scoperto.”

-          - Certo, ci ho pensato anche io, però c’è una cosa che mi ha sorpreso: come mai,  mi sono chiesta,  questo ipotetico  ladro ha sferrato  ben tre colpi alla vittima? Perché accanirsi così sulla vittima?” – L’avvocato si fermò come se volesse dare il tempo al commissario di rispondere, ma il commissario si limitò ad annuire, chiedendole di continuare. “- al di là si questo, anche per me  sono le uniche due spiegazioni alle quali sono pervenuta; ma non saprei dire quale delle due sia la più probabile; io so soltanto che il mio assistito è super innocente! Di questo soltanto sono certa”.

-          Il commissario non rispose. Sapeva bene che se anche, per ipotesi, un cliente confessa la sua colpevolezza, all’avvocato è inibito di rivelarlo; pena la radiazione dall’albo degli avvocati.

-          - “ Che tipi sono questi due nipoti di Carbonia?” – disse invece.

-          “ Il mio assistito, mi ha detto che la cugina Maria Grazia Picciau è una tranquillona. Ha vinto il suo bel concorso pubblico e lavora come impiegata comunale in un paese distante una ventina chilometri da Carbonia; Andrea Picciau, suo fratello, che è più grande del mio assistito di parecchi anni,  ha avuto invece un brutto trascorso di tossicodipendente;  ma adesso si è rimesso in carreggiata; è ospite di una comunità di recupero dove ha imparato a lavorare la terra e a guadagnarsi il pane col sudore della fronte. E non mi ha saputo dire se conoscano o meno l’esistenza del testamento; anche se la vittima non aveva mai fatto mistero di esecrare accesamente  le abitudini insane del nipote  Andrea; e comunque nel parentado era nota la predilezione della signora Emma nei confronti di Alessandro, il mio assistito. “

-          “ Chissà dove teneva la chiave di quella cassaforte, la povera signora Pirastu…” – disse il commissario, quasi tra sé.

-          “ Il mio assistito mi ha detto che la teneva nel primo cassetto del comò, in camera da letto, tra la biancheria intima.”

-          “ E’ uno dei primi posti dove ho cercato, ma non sono riuscito a trovarla; né lì, né altrove. Ma mi sa tanto che la settimana prossima  ci torno e cerco meglio…” disse ancora il commissario sempre in quel tono distante, come se parlasse per conto suo.

-          - “ Se vuoi ci torniamo insieme. E l’apriamo con la chiave di Alessandro. Dammi soltanto il tempo di chiedere ad Alessandro di  portamela in studio quanto prima può.

-          “ Davvero ne ha  una copia il tuo assistito? Caspita, questa sì che è una buona notizia! Mi evita un sacco di rogne di autorizzazioni per chiamare un  fabbro a scardinare la cassaforte!”

-          “ Il mio assistito godeva della massima fiducia da parte della zia; al punto che la zia ultimamente aveva provveduto a fargli una delega sul conto corrente bancario dove le accreditavano la pensione e, spesso, lo incaricava di fare dei prelievi, per suo conto,  direttamente in banca oppure con la tessera bancomat.”

Intanto, mentre parlavano, avevano lasciato la strada statale e si erano immessi nella strada provinciale per San Gavino;  da lì, arrivati a Guspini, non sarebbero stati distanti  da Gennas Serapis, altrimenti nota come  Montevecchio, l’antico borgo minerario, dove c’era una parte significativa  delle radici più recenti del commissario Santiago De Candia.

E mentre procedevano verso la  loro  meta, l’avvocato Levi apprese, senza quasi mai interrompere, di come il nonno paterno del commissario, Nicola De Candia, giovane e brillante perito minerario barese, assunto dalle Miniere di Montevecchio degli Eredi Sanna, subito dopo la Grande Guerra si era insediato nel borgo minerario; e di come, poco tempo dopo,  avesse conosciuto a Buggerru, dove si era recato per assistere a uno spettacolo teatrale, una graziosa fanciulla, di nome  Ines Orcel, che scoprì essere la figlia di un suo collega francese che lavorava per la Societé des mines de Malfidano (che a Buggerru aveva la sua sede operativa),  e di cui si innamorò  praticamente a prima vista. E di come riuscisse a conquistarla, dopo serrata corte. Favorito in ciò  da alcune conoscenze comuni che gli consentirono di vincere la diffidenza che il padre di lei nutriva verso i non francesi, e soprattutto aiutato  dalla madre di lei, una donna spagnola della Estremadura,  che in quei paesaggi selvaggi della Sardegna e in quel popolo chiuso e tenace, rifletteva  probabilmente la sua terra d’origine e i suoi stessi avi; a prescindere dal fatto che in realtà,  il nonno del commissario,  Nicola De Candia,   di sardo non avesse se non l’amore e la riconoscenza verso la terra che lo aveva accolto, dandogli lavoro e rispettabilità.

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sabato 18 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia

 


Il sabato mattina il commissario De Candia era solito recarsi  al mercato di San Benedetto per acquistare il pesce fresco. Era un’abitudine che aveva sin dai tempi in cui era andato ad abitare in via Monteverdi con sua moglie. Vi si recava a piedi, percorrendo a piedi la via Pergolesi e poi un tratto della via Cocco-Ortu,  sino al più importante mercato cagliaritano di pesce, carne e generi alimentari al dettaglio.

Per non rinunciare alla sua consueta passeggiata decise che sarebbe arrivato a piedi sino alla via Giudicessa Adelasia per fare il sopralluogo che si era ripromesso di fare nell’appartamento ove era avvenuto l’ultimo omicidio a lui assegnato dalla Procura; da lì, risalendo sulla via Baccaredda,  si sarebbe facilmente ricongiunto  al mercato di San Benedetto, dove si vendeva il pesce più fresco e più vario del capoluogo regionale sardo.

Il sopralluogo gli aveva fatto balenare alcuni spunti, sicuramente utili per le indagini sull’omicidio della povera Emma Pirastu. Come d’abitudine aveva redatto un pro-memoria su un foglietto volante, più che altro delle annotazioni con dei punti esclamativi oppure interrogativi, a seconda che fossero dei punti fermi, oppure rappresentassero dei dubbi, o magari congiunti, se ancora non fosse convinto della loro natura. Tutto materiale grezzo che avrebbe dovuto rielaborare nell’intimità del suo ufficio, dopo averci pensato e riflettuto per un po’ di tempo.  Ripensando assorto ai punti cruciali di quello strano omicidio, quasi cercando di ricomporre mentalmente un mosaico ancora confuso, a momenti andava a sbattere contro l’ultima persona che si sarebbe immaginato di incontrare quella mattina. Anche perché quella  voce conosciuta lo richiamò  alla realtà in maniera formale e giocosa allo stesso tempo.

-          “ Commissario De Candia? Come mai da queste parti?”

L’avvocato Luisa Levi lo guardava, nel suo elegante tailleur in tinta unita, quasi canzonandolo, forse per mascherare la stessa emozione che in quel momento l’ aveva pervasa all’improvviso.

-          “ Luisa! Sei proprio tu? – riuscì appena a dire il commissario.

-          “Certo. Non mi riconosci? Sono cambiata così tanto, in così poco tempo? Cosa fai da queste parti?” – disse quasi a raffica il brillante avvocato. I due si guardarono negli occhi per un lungo, interminabile  istante. Il commissario non la ricordava così alta da poterlo quasi guardare dritto all’altezza degli occhi. Forse indossava dei tacchi. O magari era lui che credeva di essere  più alto del suo modesto  metro e settanta.

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lunedì 13 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia

 


 

Anche quel  venerdì il team della Squadra Omicidi si ritrovò nell’Ufficio del coordinatore: il commissario Santiago De Candia. Il team era composto dallo stesso commissario, dall’ispettore Angelo Zuddas e dal sovrintendente Alessio Farci.

I tre fecero  il punto della situazione su tutti i casi di omicidio che avevano in carico.

Il commissario lasciò per ultimo il caso dell’omicidio di via Giudicessa Adelasia, come lo avevano ribattezzato anche i giornali, dopo la scarcerazione del presunto colpevole.

-          “ Come vi ho già accennato nel corso della settimana, ho provveduto a ritirare  il fascicolo in procura. Studiandolo, nei giorni scorsi, vi ho intravvisto due piste, ma naturalmente restiamo aperti a recepire eventuali altre piste che dovessero emergere nel corso delle indagini. In via preliminare, se siete d’accordo, lascerei cadere la pista seguita dalla Procura nell’immediatezza del fatto: mi riferisco alla pista dell’assassino col coltello in mano.”

Il commissario fece una pausa per dar modo ai suoi collaboratori di intervenire.

-          “ Ci mancherebbe altro che ci facessimo trascinare nelle regioni paludose dove si sono impantanati quelli là!” – disse il sovrintendente Farci con un cenno di stizza rivolto verso il Palazzo, al di là della finestra.

-          “ Ma poi lo hanno davvero scagionato all’assassino col coltello in mano?” – interpose l’ispettore Zuddas.

-          “ Sì, certo. E’ spiegato tutto nel ricorso dell’avvocato difensore e nell’ordinanza di accoglimento del tribunale della libertà!” – rispose il commissario con enfasi, porgendo i due documenti al sottoposto, dopo averli estratti dal fascicolo.

-          - “ Ci mancherebbe commissario!” – si schermì l’ispettore. Riassuma lei per noi, se vuole!

-          “ In pratica l’avvocato difensore dell’indiziato è riuscito a dimostrare che  quando è partita la telefonata della vicina di casa al 112, il suo cliente non poteva essere sul luogo del delitto!”

-          “ E come ha fatto?” chiese il sovrintendente Farci incuriosito.

-          “Mettendo a confronto i tabulati telefonici e i documenti di viaggio, ha messo in evidenza come  il suo cliente abbia   obliterato il trasbordo dal bus n. 1 alla linea M esattamente dieci minuti prima che partisse la telefonata che ha allertato la Polizia Giudiziaria in servizio.

I piani di viaggio hanno mostrato che da piazza Gramsci,  luogo del trasbordo dell’indiziato, alla fermata di via Baccaredda più vicina alla casa della vittima,  ci vogliono almeno dieci minuti, senza considerare l’ipotesi  di traffico e di fermate intermedie, altrimenti i minuti diventano  quindici; poi c’è da percorrere a piedi il tratto di strada che dalla fermata del pullman porta alla casa di via Giudicessa Adelasia.”

-          “ Accidenti, l’alibi dell’indiziato si gioca comunque sul filo dei minuti!”- esclamò il sovrintendente Farci.

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sabato 11 settembre 2021

In the memory of those who died in 9/11/2001

 



The Twin Lovers

 

I used to greet you

At ten to nine

 

We left each other

Rightly half way

Between the twin towers

 

We both work

At the 87.th floor

You in the norther

Me in the souther

 

Ten minutes

For the lift

To get me up

And see you again

Through the windows

Of the twin towers

 

But on that 9/11

I had  to wait

Twenty minutes,

Twenty long  horrible

Bloody minutes

Watching the smoke,

The flames,

The hell!

 

And now we rejoined

For ever

as powder and ashes

in  God’s heaven.

                                                                                                          Manhattan 9/11/2001

giovedì 9 settembre 2021

La vita sulla carta



E' un modo di dire, "sulla carta", che indica qualcosa di irreaqle, di fittizio, di virtuale. Eppure i personaggi che io ho creato "sulla carta" (parlo delle mie commedie ma anche dei romanzi) sono per me come dei figli; o forse dei fratelli (qualcuno li chiama anche “alter ego”). 
Qualunque cosa essi siano, mi sono accorto che io mi ci affeziono, in una qualche misura. Però non esistono figli e figliastri in letteratura. Anzi, può sembrare strano, ma più questi personaggi sono sfortunati e più ti affezioni a loro. Nelle commedie che ho scritto in giovane età, soffrivo nel vedere i miei personaggi chiusi nel cassetto, senza aria, senza vita. Allora ho capito che dovevo rappresentarli sul palcoscenico per farli vivere veramente.

Per i romanzi credo che siano i lettori a dare vita ai personaggi; non credo infatti che si debbano per forza rappresentare in teatro o in TV per essere vivi; essi vivono ogni volta che un lettore legge il tuo romanzo, la tua storia.

Il mio ultimo nato, nella mia famiglia letteraria, intendo dire, si chiama Santiago e fa il poliziotto. Ama la legge, le donne, la buona cucina; non precisamente in questo ordine ma le ama tutte e tre. E’ l’uomo dei casi impossibili; o meglio, a lui ricorre la Procura di Cagliari quando i casi di omicidio appaiono controversi e dubbi. E lui li sempre, risolve con l’aiuto dei suoi fedelissimi collaboratori: l’ispettore Zuddas, donnaiolo impenitente ma investigatore provetto; e il sovrintendente Farci, uomo dalle scarpe grosse ma dal cervello fino (com’erano i furbi contadini di una volta; adesso pare che si siano omologati anche gli imprenditori agricoli).

Poi c’è l’avvocato Luisa Levi. L’unica donna che abbia fatto palpitare il cuore di Santiago, dopo la perdita della moglie. Nel suo rapporto con Luisa, Santiago, mi fa disperare: si prendono e si lasciano in continuazione, attratti da una grande passione ma respinti da misteriose fobie.Chi ha letto il suo primo romanzo pubblicato dalla meritoria casa editrice romana “Dei Merangoli” dice che si tratta di un personaggio gradevole che ti intrattiene come farebbe uno di noi. L’elogio delle cose semplici ma veraci, a quanto pare.

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