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lunedì 20 settembre 2021

Un'altra indagine per il commissario De Candia - 5

 

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- “ Chi sono questi avventori e che cos’è questa storia della rivoluzione?” – chiese l’avvocato divertita, ma con un tono lievemente preoccupato.

-          - “ Niente, niente!” – disse il commissario ancora ridendo. – “ Non ti ho mai raccontato dei commenti che sento al bar dove faccio colazione al mattino?”

-          - “ Forse sì!”- disse l’avvocato, sempre in tono semiserio – “ ma sicuramente non con riferimento a questo caso”.

-          - “ Niente di cui tu ti debba preoccupare, cara Luisa; dico davvero!- la tranquillizzò il commissario. – “ Piuttosto, sai per caso se quel testamento è custodito in una cassaforte a muro, dietro un quadro della sacra famiglia, nel salottino  della casa della defunta signora Pirastu?”

-          - “ Diavolo d’uno sbirro! Come hai fatto a indovinare?!” – esclamò sorpresa l’avvocato,  con un accento di ammirazione nella voce!

-          - “ Be’, non ci voleva poi molto!” – si schermì l’avvocato, comunque lusingato dall’ammirazione della sua compagna di viaggio.

-          “ E sono anche certo che tu saprai indicarmi quali altri parenti potrebbero essere interessati, quantomeno in linea teorica, a questo testamento. O sbaglio?”

-          - “ No, non sbagli. La signora Emma era nubile e senza figli. Lei aveva una sorella, più giovane,  Anita, che un tumore si è portata via anzitempo;  ha lasciato due figli che vivono a Carbonia; aveva inoltre   un fratello, Angelo Pirastu, di cui Alessandro, il  mio assistito è figlio unico. Anche se non ci sono dei legittimari, senza il testamento,  l’ingente patrimonio della defunta andrebbe diviso tra il fratello Angelo e i due nipoti di Carbonia, che subentrerebbero alla madre per rappresentazione. Invece,
grazie al testamento verrebbero esclusi, sia i due nipoti di Carbonia, sia il papà del mio assistito, che però è semi paralitico, pur essendo parecchio più  giovane  della defunta sorella.

-          “ Stai dicendo che gli unici sospettabili sono in realtà i due nipoti di Carbonia?

-          “ Io non ho detto niente! Lo sbirro sei tu, mica io!” – disse l’avvocato in maniera simpatica, ma mettendosi subito sulla difensiva.

-          “ Be’, potrebbe trattarsi anche di un furto finito male, nel senso che magari il ladro ha reagito d’impulso, dopo essere stato scoperto.”

-          - Certo, ci ho pensato anche io, però c’è una cosa che mi ha sorpreso: come mai,  mi sono chiesta,  questo ipotetico  ladro ha sferrato  ben tre colpi alla vittima? Perché accanirsi così sulla vittima?” – L’avvocato si fermò come se volesse dare il tempo al commissario di rispondere, ma il commissario si limitò ad annuire, chiedendole di continuare. “- al di là si questo, anche per me  sono le uniche due spiegazioni alle quali sono pervenuta; ma non saprei dire quale delle due sia la più probabile; io so soltanto che il mio assistito è super innocente! Di questo soltanto sono certa”.

-          Il commissario non rispose. Sapeva bene che se anche, per ipotesi, un cliente confessa la sua colpevolezza, all’avvocato è inibito di rivelarlo; pena la radiazione dall’albo degli avvocati.

-          - “ Che tipi sono questi due nipoti di Carbonia?” – disse invece.

-          “ Il mio assistito, mi ha detto che la cugina Maria Grazia Picciau è una tranquillona. Ha vinto il suo bel concorso pubblico e lavora come impiegata comunale in un paese distante una ventina chilometri da Carbonia; Andrea Picciau, suo fratello, che è più grande del mio assistito di parecchi anni,  ha avuto invece un brutto trascorso di tossicodipendente;  ma adesso si è rimesso in carreggiata; è ospite di una comunità di recupero dove ha imparato a lavorare la terra e a guadagnarsi il pane col sudore della fronte. E non mi ha saputo dire se conoscano o meno l’esistenza del testamento; anche se la vittima non aveva mai fatto mistero di esecrare accesamente  le abitudini insane del nipote  Andrea; e comunque nel parentado era nota la predilezione della signora Emma nei confronti di Alessandro, il mio assistito. “

-          “ Chissà dove teneva la chiave di quella cassaforte, la povera signora Pirastu…” – disse il commissario, quasi tra sé.

-          “ Il mio assistito mi ha detto che la teneva nel primo cassetto del comò, in camera da letto, tra la biancheria intima.”

-          “ E’ uno dei primi posti dove ho cercato, ma non sono riuscito a trovarla; né lì, né altrove. Ma mi sa tanto che la settimana prossima  ci torno e cerco meglio…” disse ancora il commissario sempre in quel tono distante, come se parlasse per conto suo.

-          - “ Se vuoi ci torniamo insieme. E l’apriamo con la chiave di Alessandro. Dammi soltanto il tempo di chiedere ad Alessandro di  portamela in studio quanto prima può.

-          “ Davvero ne ha  una copia il tuo assistito? Caspita, questa sì che è una buona notizia! Mi evita un sacco di rogne di autorizzazioni per chiamare un  fabbro a scardinare la cassaforte!”

-          “ Il mio assistito godeva della massima fiducia da parte della zia; al punto che la zia ultimamente aveva provveduto a fargli una delega sul conto corrente bancario dove le accreditavano la pensione e, spesso, lo incaricava di fare dei prelievi, per suo conto,  direttamente in banca oppure con la tessera bancomat.”

Intanto, mentre parlavano, avevano lasciato la strada statale e si erano immessi nella strada provinciale per San Gavino;  da lì, arrivati a Guspini, non sarebbero stati distanti  da Gennas Serapis, altrimenti nota come  Montevecchio, l’antico borgo minerario, dove c’era una parte significativa  delle radici più recenti del commissario Santiago De Candia.

E mentre procedevano verso la  loro  meta, l’avvocato Levi apprese, senza quasi mai interrompere, di come il nonno paterno del commissario, Nicola De Candia, giovane e brillante perito minerario barese, assunto dalle Miniere di Montevecchio degli Eredi Sanna, subito dopo la Grande Guerra si era insediato nel borgo minerario; e di come, poco tempo dopo,  avesse conosciuto a Buggerru, dove si era recato per assistere a uno spettacolo teatrale, una graziosa fanciulla, di nome  Ines Orcel, che scoprì essere la figlia di un suo collega francese che lavorava per la Societé des mines de Malfidano (che a Buggerru aveva la sua sede operativa),  e di cui si innamorò  praticamente a prima vista. E di come riuscisse a conquistarla, dopo serrata corte. Favorito in ciò  da alcune conoscenze comuni che gli consentirono di vincere la diffidenza che il padre di lei nutriva verso i non francesi, e soprattutto aiutato  dalla madre di lei, una donna spagnola della Estremadura,  che in quei paesaggi selvaggi della Sardegna e in quel popolo chiuso e tenace, rifletteva  probabilmente la sua terra d’origine e i suoi stessi avi; a prescindere dal fatto che in realtà,  il nonno del commissario,  Nicola De Candia,   di sardo non avesse se non l’amore e la riconoscenza verso la terra che lo aveva accolto, dandogli lavoro e rispettabilità.

https://www.libreriauniversitaria.it/evidenti-apparenze-basile-ignazio-salvatore/libro/9788898981823

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