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venerdì 22 luglio 2022

Omicidio a Cagliari-3

 


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Capitolo Terzo

 

Anche quel venerdì il team della Squadra Omicidi si ritrovò nell’Ufficio del coordinatore, il commissario Santiago De Candia. Il gruppo ristretto era composto dallo stesso commissario, dall’ispettore Angelo Zuddas e dal sovrintendente Alessio Farci.

I tre dovevano fare il punto della situazione su tutti i casi di omicidio che avevano in carico.

Il commissario lasciò per ultimo il caso dell’omicidio di via Giudicessa Adelasia, come lo avevano ribattezzato anche i giornali, dopo la scarcerazione del presunto colpevole.

«Come vi ho già accennato nel corso della settimana, ho provveduto a ritirare il fascicolo in procura. Studiandolo, nei giorni scorsi, vi ho intravvisto due piste, ma naturalmente restiamo aperti a recepirne eventualmente altre qualora dovessero emergere nel corso delle indagini. In via preliminare, se siete d’accordo, lascerei cadere la pista seguita dalla Procura nell’immediatezza del fatto. Mi riferisco alla pista dell’assassino con il coltello in mano.»

Il commissario fece una pausa per dar modo ai suoi collaboratori di intervenire.

«Ci mancherebbe altro che ci facessimo trascinare nelle regioni paludose dove si sono impantanati quelli là!» disse il sovrintendente Farci con un cenno di stizza rivolto verso il Palazzo, al di là della finestra.

«Ma lo hanno davvero scagionato l’assassino con il coltello in mano?» si interpose l’ispettore Zuddas.

«Sì, certo. È spiegato tutto nel ricorso dell’avvocato difensore e nell’ordinanza di accoglimento del tribunale della libertà!» rispose il Santiago De Candia con enfasi, porgendo i due documenti al sottoposto, dopo averli estratti dal fascicolo.

«Ci mancherebbe commissario! Riassuma lei per noi, se vuole!» si schermì l’ispettore.

«In pratica l’avvocato difensore dell’indiziato è riuscito a dimostrare che quando è partita la telefonata della vicina di casa al 112, il suo cliente non poteva essere sul luogo del delitto!»

«E come ha fatto?» chiese il sovrintendente Farci incuriosito.

«Mettendo a confronto i tabulati telefonici e i documenti di viaggio, ha messo in evidenza come il suo cliente abbia obliterato il trasbordo,  dal bus n. 1 a quello della linea M, esattamente dieci minuti prima che partisse la telefonata che ha allertato la Polizia Giudiziaria in servizio.

I piani di viaggio hanno mostrato che da piazza Gramsci, luogo del trasbordo dell’indiziato, alla fermata di via Baccaredda più vicina alla casa della vittima, ci vogliono almeno dieci minuti, senza considerare il probabile traffico e le fermate intermedie, altrimenti i minuti diventano quindici. Poi si deve percorrere a piedi il tratto di strada che dalla fermata del pullman porta alla casa di via Giudicessa Adelasia.»

«Accidenti, l’alibi dell’indiziato si gioca comunque sul filo dei minuti!» esclamò il sovrintendente Farci.

«Ma chi lo dice che il momento della chiamata di intervento della vicina coincida esattamente con la morte della vittima? Non potrebbe essere che la signora abbia urlato ben prima di essere uccisa e la colluttazione si sia protratta per diversi minuti?» suggerì l’ispettore Zuddas, che per carattere tendeva sempre a fare l’avvocato del diavolo.

«D’accordo, ma questa colluttazione con chi sarebbe avvenuta? Non con l’indiziato, che non avrebbe comunque potuto trovarsi, a quell’ora,  a casa della vittima. A meno che tu non voglia ipotizzare che  avesse un complice che ha lottato con la vittima sino all’arrivo sul luogo del delitto dell’indiziato!» rispose il commissario, il cui scrupolo investigativo sapeva spingersi oltre ogni limite.

«Ma di questo fantomatico complice non c’è traccia nei verbali, giusto commissario?» intervenne il Farci che era il più concreto dei tre componenti dell’affiatato team della sezione omicidi.

«Certo che no!» confermò Santiago De Candia. «Nel fascicolo ci sono le chiavi dell’appartamento dove è avvenuto l’omicidio. Avevo già in mente di farci un sopralluogo domattina. Mi riprometto di verificare tutto, senza tralasciare niente.»

«Ma la storia del coltello in mano è stata un’invenzione dei giornali?» chiese ancora con curiosità il Farci.

«Io credo che sia stata una sfortunata coincidenza, come scrive l’avvocato difensore nel ricorso. In pratica l’arrivo della pattuglia della polizia giudiziaria è stata quasi contemporanea all’arrivo del nipote, il quale entrando con le sue chiavi ha trovato il coltello insanguinato per terra. Ingenuamente lo ha raccolto e si è messo a cercare la zia, trovandola poi in cucina, praticamente già morta. E così l’hanno trovato i Carabinieri, inebetito e tremante. In una mano stringeva ancora il coltello, mentre nell’altra aveva una busta con dei generi alimentari che gli aveva chiesto la zia il giorno prima» rispose il commissario.

«Decipit frons prima multos!» sentenziò l’ispettore riacquistando la sua consueta sicurezza e quasi pentendosi della sua ipotesi dell’esistenza di un complice.

«C’è un’altra cosa che dobbiamo considerare, prima di escludere ovvero prendere in considerazione l’eventualità della presenza di un complice» si affrettò a dire il commissario per scongiurare le proteste del sovrintendente, che sbuffava regolarmente a ogni frase in latino del loro collega. «Secondo il medico che ha effettuato l’autopsia l’assassino ha sferrato tre colpi, dal basso verso l’alto. E i fendenti sono stati inferti da un destrimane, mentre l’indiziato, come precisa il verbale, impugnava il coltello nella sinistra e, per giunta, è anche mancino.»

«Beh, questo non esclude la presenza di un complice. Anzi, sembrerebbe confermarlo…» disse ancora l’ispettore, ma meno convinto di prima.

«Certamente. Ma a questo punto, perché non pensare che il vero assassino abbia agito indipendentemente dall’indiziato? Comunque domani, senza trascurare neppure questa pista, voglio verificare da dove possa essere entrata questa terza persona, la cui presenza sembra farsi strada sempre più a rigor di logica. Anche alla luce del fatto che l’indagato ha dichiarato di essere entrato con le chiavi. Quindi, o il vero assassino si è infilato dall’esterno, oppure la porta gli è stata aperta dalla stessa vittima.»

«In effetti ci sono diversi punti oscuri. La vittima conosceva l’assassino? Io propenderei per il sì. Chi si fiderebbe oggi ad aprire a uno sconosciuto?» puntualizzò l’ispettore.

«Purtroppo sappiamo per esperienza che molti anziani lo fanno. Per leggerezza o perché vengono ingannati. Ovviamente, dopo il sopralluogo, saremo in grado di valutare meglio le diverse ipotesi.»

«Vuole che veniamo con lei, commissario?» si offrì il sovrintendente.

«No, grazie, state con le vostre famiglie. Domani è sabato. Se avrò dei dubbi in proposito ci faremo un salto insieme la settimana prossima» disse il commissario con un tono da cui traspariva il suo apprezzamento per l’offerta generosa.

«E le altre due piste quali sono?» chiese l’ispettore Zuddas, contento che le sue osservazioni, apparentemente assurde e fuori luogo, avessero invece colpito l’immaginazione di un investigatore del calibro del commissario.

«Una è quella di un furto finito in tragedia. Il ladro, scoperto con le mani nel sacco, ha perso la testa e ha ucciso la vittima che si è messa a urlare appena l’ha visto!»

«Oppure appena ha visto l’assassino afferrare il coltello» aggiunse l’ispettore.

«Già!» assentì il commissario. «Poi è scappato buttando il coltello per terra. E lì lo ha trovato lo sfortunato nipote sopraggiunto poco dopo.»

«Uno di noi potrebbe verificare se qualche nostro informatore, nell’ambiente dei topi d’appartamento, abbia sentito qualcosa. Di solito queste informazioni circolano nell’ambiente…» propose il sovrintendente Farci.

«Quella zona è appannaggio della banda del buco, quella capeggiata dai famigerati fratelli Chiodi, i fratelli Tore e Beppe Cannas, mi pare di ricordare» suggerì l’ispettore Zuddas, che in passato aveva prestato servizio nella sezione dei reati contro il patrimonio, prima di essere aggregato alla squadra omicidi.

«L’altra pista sulla quale concentrerei le nostre indagini è quella dell’interesse. Chi ha tratto vantaggio dalla morte della signora Emma Pirastu? Ci sono altri parenti o beneficiari testamentari, oltre all’attuale indiziato?»

«Cui prodest scelus, is fecit» esclamò l’ispettore illuminandosi, contento di poter sfoggiare un altro dei suoi adagi latini.

«Proviamo a verificare l’esistenza di altri parenti o comunque di eventuali interessati diretti»

«Lascerei questa indagine al collega Zuddas, signor commissario e io mi occuperei dell’indagine nel mondo dei topi di appartamento e dei ladruncoli. In certi ambienti della malavita cagliaritana non apprezzano molto quelli che parlano in latino!» propose il sovrintendente Farci in segno di protesta contro l’ennesimo sfoggio di cultura latina dell’ispettore.

«D’accordo. E per dimostrarvi che non mi sono offeso vi offro l’aperitivo!» disse l’ispettore.

«Sì, ma questa volta pago io! Del resto l’ultima volta mi sembra che hai pagato tu!» rispose il sovrintendente, tanto per protestare.

«Facciamo che oggi pago io!» propose Santiago De Candia  per tagliare la testa al toro.

«Fra i due litiganti il terzo gode!» aggiunse sorridendo il sovrintendente, contento che il commissario, per una volta, si unisse a loro anche nella consueta capatina al bar, con cui ponevano fine alle loro schermaglie.

«E io cosa ho detto? Inter duos litigantes, tertius gaudet!» esclamò l’ispettore in tono provocatorio!

«Ma vaffancupola!» lo contestò il sovrintendente spingendolo con una manata, mentre quell’altro rideva a crepapelle.

Anche il commissario rise, ma sotto i baffi, senza farsene accorgere.

 

 

 

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