Quando
il vecchio Jim non riusciva a chiamare il montacarichi, che spesso veniva
chiuso male dagli operai che ricevevano il formaggio, soleva urlare come un
dannato:
« Shut, boys, you
know, that fucking door!»
Ce l’aveva soprattutto, il vecchio Jim,
con certi ragazzi egiziani che lavoravano di sopra. C’erano anche dei ragazzi
italiani, nella catena di montaggio, ma tutti sembravano avercela con quegli
egiziani (scoprii più tardi che erano Egiziani di religione Copta).
Anche
Pinto, l’altro grande vecchio della fabbrica, che fungeva da magazziniere,
mentre circolava col suo muletto per il carico e lo scarico delle
merci, rivolgeva i suoi strali, in una strana e buffissima lingua, tutta
sua, frammista di italiano,
portoghese e inglese, ai giovani egiziani, ai quali, indistintamente
diceva in tono canzonatorio, quando gli
passava accanto:
«Ragassu
arabu comidu carne con culo e poi ditu “very gudy!”» .
E ridacchiando si allontanava, sempre spingendo
il suo carrello e facendo finta di non sentire la risposta piccata di quelli.
Io
mi ero fatto crescere una gran barba nera e sbrigavo il mio lavoro agli ordini
di Jim, che però non mi permise mai di entrare nella cella frigorifera e mi
rispettava in tutto e per tutto. La sera me ne stavo in camera a riposare, a
leggere e a scrivere poesie. Solo il
sabato mi concedevo un salto al pub a bere un paio di birre.
Andò così avanti per un paio di mesi. A un certo punto, stanco di stare solo anche sul posto di
lavoro, chiesi al boss di poter cambiare “upstairs”. Il capo mi volle accontentare e così iniziai una nuova vita.
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