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«Io te la dico, ma devi promettermi che non
la userai mai contro il mio assistito, qualunque cosa accada!»
ribadì ancora l’avvocato Levi.
Anche lei aveva un alto senso del segreto
professionale e forse, in fondo si era già pentita di avere fatto l’offerta. Ma
ormai sembrava tardi per tornare indietro.
Il commissario restò interdetto, tra dubbi e
curiosità! L’informazione riservata lo incuriosiva, e poi poteva essere utile
per le sue indagini. Come privarsene? D’altro canto, però, non sarebbe mai
venuto meno ai suoi doveri di sbirro, su questo non aveva dubbi. Credeva nel
suo lavoro sino in fondo e non lo avrebbe mai disatteso. Risolse pensando che
quell’avvocato, quel diavolo in gonnella, non gli avrebbe mai rivelato un segreto
che potesse danneggiare il suo assistito, che oltretutto, a parere suo,
nonostante le osservazioni capziose dell’ispettore Zuddas, era completamente
innocente. Decise di fidarsi e dopo
essersi passato una mano sul naso che gli prudeva rispose di sì, che non
avrebbe mai usato quella confidenza contro il suo assistito.
«Promessa di sbirro?»
ribadì ancora l’avvocato, a metà tra il serio e il faceto, sapendo bene come il
commissario fosse fiero e orgoglioso di essere un poliziotto con una parola
ferma e fidata.
«Parola di sbirro!»
le confermò porgendole l’indice della mano destra per sigillare la promessa.
L’avvocato strinse forte l’indice con il suo.
«Il mio assistito mi ha confidato che la
zia lo aveva nominato erede universale con un testamento!» aggiunse
subito.
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