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«Sai che mi sono trasferita qui, in via
Giudice Torbeno?» disse indicando una
qualche direzione davanti a lei. «Non
lo sapevi?»
«Ma di casa o lo studio?»
chiese il commissario.
«Tutti e due insieme! È una casa grande che
ho fatto ristrutturare. Avevo vissuto lì da ragazza. Gli inquilini sono andati
via e ne ho approfittato per unire casa e lavoro, così da non dover fare la
spola tra casa e ufficio.»
«Certo, certo, hai fatto bene. Ma non stiamo
qui, abbiamo tanto cose da dirci. Non c’è un bar qua vicino?»
«Senti adesso ho da fare. Mio figlio parte
in gita scolastica e se non metto mano io alla sua valigia, finirà per dover
partire senza bagaglio. Perché non ci vediamo stasera, o magari domani?»
Santiago De Candia si ricordava bene di Stefano, il
figlio di Luisa, anche se non lo aveva mai visto. Quando lui e la donna si
erano conosciuti, un anno prima, il ragazzo era
poco più che quattordicenne e
frequentava il liceo classico Dettori, la stessa scuola che lui aveva
frequentato tanti anni prima. Luisa gli aveva raccontato che il
ragazzo la riteneva responsabile
della separazione dal padre, avvenuta quando lui aveva iniziato appena a
frequentare le scuole elementari. Il contrasto del ragazzo nei confronti della
madre era forte. Luisa gli aveva
spiegato che suo figlio, a causa del suo carattere introverso e
problematico, non avrebbe mai accettato
neppure di sapere che a fianco della madre ci fosse un altro uomo, figuriamoci poi conoscerlo e frequentarlo! De Candia, rimasto
vedovo senza figli, in cuor suo si era perfino mostrato contento e
disponibile a far da padre al ragazzo,
che probabilmente, secondo il
commissario, era semplicemente un
adolescente alla ricerca di se stesso, come tutti quelli della sua età! Con
l’aggravante di un carattere ipersensibile e introverso.
Dopo una breve pausa, l’uomo guardò la donna negli
occhi.
«Ti piacerebbe fare una gita domani?».
«Una gita? Che tipo di gita?».
«Ho programmato di recarmi al parco Geominerario di Montevecchio»
aggiunse speranzoso il commissario.
«Al Parco Geominerario? E come mai?»
chiese l’avvocato, con quel suo fare guardingo, che usava forse per guadagnare
tempo.
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