«C’è un’altra cosa che dobbiamo
considerare, prima di escludere ovvero prendere in considerazione l’eventualità
della presenza di un complice» si affrettò a dire il
commissario per scongiurare le proteste del sovrintendente, che sbuffava regolarmente
a ogni frase in latino del loro collega. «Secondo
il medico che ha effettuato l’autopsia l’assassino ha sferrato tre colpi, dal
basso verso l’alto. E i fendenti sono stati inferti da un destrimane, mentre
l’indiziato, come precisa il verbale, impugnava il coltello nella sinistra e,
per giunta, è anche mancino.»
«Beh, questo non esclude la presenza di un
complice. Anzi, sembrerebbe confermarlo…» disse
ancora l’ispettore, ma meno convinto di prima.
«Certamente. Ma a questo punto, perché non
pensare che il vero assassino abbia agito indipendentemente dall’indiziato?
Comunque domani, senza trascurare neppure questa pista, voglio verificare da
dove possa essere entrata questa terza persona, la cui presenza sembra farsi
strada sempre più a rigor di logica. Anche alla luce del fatto che l’indagato
ha dichiarato di essere entrato con le chiavi. Quindi, o il vero assassino si è
infilato dall’esterno, oppure la porta gli è stata aperta dalla stessa vittima.»
«In effetti ci sono diversi punti oscuri.
La vittima conosceva l’assassino? Io propenderei per il sì. Chi si fiderebbe
oggi ad aprire a uno sconosciuto?»
puntualizzò l’ispettore.
«Purtroppo sappiamo per esperienza che
molti anziani lo fanno. Per leggerezza o perché vengono ingannati. Ovviamente,
dopo il sopralluogo, saremo in grado di valutare meglio le diverse ipotesi.»
«Vuole che veniamo con lei, commissario?»
si offrì il sovrintendente.
«No,
grazie, state con le vostre famiglie. Domani è sabato. Se avrò dei dubbi in
proposito ci faremo un salto insieme la settimana prossima»
disse il commissario con un tono da cui traspariva il suo apprezzamento per
l’offerta generosa.
«E le altre due piste quali sono?»
chiese l’ispettore Zuddas, contento che le sue osservazioni, apparentemente
assurde e fuori luogo, avessero invece colpito l’immaginazione di un
investigatore del calibro del commissario.
«Una è quella di un furto finito in
tragedia. Il ladro, scoperto con le mani nel sacco, ha perso la testa e ha
ucciso la vittima che si è messa a urlare appena l’ha visto!»
«Oppure appena ha visto l’assassino
afferrare il coltello» aggiunse l’ispettore.
«Già!»
assentì il commissario. «Poi è scappato buttando
il coltello per terra. E lì lo ha trovato lo sfortunato nipote sopraggiunto
poco dopo.»
«Uno di noi potrebbe verificare se qualche
nostro informatore, nell’ambiente dei topi d’appartamento, abbia sentito
qualcosa. Di solito queste informazioni circolano nell’ambiente…»
propose il sovrintendente Farci.
«Quella zona è appannaggio della banda del
buco, quella capeggiata dai famigerati fratelli Chiodi, i fratelli Tore e Beppe
Cannas, mi pare di ricordare» suggerì l’ispettore
Zuddas, che in passato aveva prestato servizio nella sezione dei reati contro
il patrimonio, prima di essere aggregato alla squadra omicidi.
«L’altra pista sulla quale concentrerei le
nostre indagini è quella dell’interesse. Chi ha tratto vantaggio dalla morte
della signora Emma Pirastu? Ci sono altri parenti o beneficiari testamentari,
oltre all’attuale indiziato?»
«Cui prodest scelus, is fecit»
esclamò l’ispettore illuminandosi, contento di poter sfoggiare un altro dei
suoi adagi latini.
«Proviamo a verificare l’esistenza di altri
parenti o comunque di eventuali interessati diretti»
«Lascerei questa indagine al collega
Zuddas, signor commissario e io mi occuperei dell’indagine nel mondo dei topi
di appartamento e dei ladruncoli. In certi ambienti della malavita cagliaritana
non apprezzano molto quelli che parlano in latino!»
propose il sovrintendente Farci in segno di protesta contro l’ennesimo sfoggio di
cultura latina dell’ispettore.
«D’accordo. E per dimostrarvi che non mi
sono offeso vi offro l’aperitivo!»
disse l’ispettore.
«Sì, ma questa volta pago io! Del resto
l’ultima volta mi sembra che hai pagato tu!»
rispose il sovrintendente, tanto per protestare.
«Facciamo che oggi pago io!» propose
Santiago De Candia per tagliare la testa
al toro.
«Fra i due litiganti il terzo gode!»
aggiunse sorridendo il sovrintendente, contento che il commissario, per una
volta, si unisse a loro anche nella consueta capatina al bar, con cui ponevano
fine alle loro schermaglie.
«E io cosa ho detto? Inter duos litigantes,
tertius gaudet!» esclamò l’ispettore in
tono provocatorio!
«Ma vaffancupola!»
lo contestò il sovrintendente spingendolo con una manata, mentre quell’altro
rideva a crepapelle.
Anche il commissario rise, ma sotto i baffi, senza
farsene accorgere.
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