Capitolo quinto
Faccia la persona seria
a.s. 1991-1992
Riflettevo ancora in quei primi anni di insegnamento a quanto
fosse vero ciò che mi aveva detto un medico che avevo conosciuto al Comitato di
Gestione della USL di Sanluri, dalla cui
assemblea (formata dai rappresentanti di oltre 35 Comuni della Marmilla e
dintorni) ero stato indicato per gestire quel particolare settore pubblico,
vero e proprio crocevia amministrativo,
dove le tentazioni della politica toccano il proprio apice.
Basti pensare che la Sanità assorbe una fetta del PIL nazionale assai
consistente. Una torta davvero appetitosa per politici rampanti e voraci, come
sono, da sempre, i politici italiani. Chi
non ricorda Sua Sanità Francesco de Lorenzo, ministro della Sanità, vicerè di
Napoli e dintorni, detronizzato da 145 capi di imputazione dal pool di Mani
Pulite, insieme al suo braccio destro Poggiolini, cui vennero sequestrati
migliaia di miliardi (di cui parecchie centinaia fungevano da imbottitura dei
suoi divani e delle sue poltrone) di mazzette incassate quando dirigeva il
servizio farmaceutico proprio al ministero della Sanità di De Lorenzo?
E’ inoltre notizia di questi giorni (segno che 25 anni, da quando
il mariuolo socialista dell’albergo milanese del Pio Albergo Trivulzio venne
acchiappato con le mani nella marmellata, dando la stura a quella terribile
stagione che va sotto il nome di “Mani Pulite”,
sembrano non essere mai passati),
la condanna definitiva subita da Formigoni, presidente della Giunta
Regionale della Lombardia per oltre un decennio, che sulla Sanità ha perso
l’onore e il senno: mazzette milionarie (questa volta in Euro), viaggi, regalie,
alberghi di lusso e fiumi di danaro, tutti provenienti dalla Sanità lombarda.
Insomma, dicevo, io ero finito in questa specie di regno di
cuccagna (seppure periferico e provinciale rispetto alle più ricche USL delle
città capoluogo sarde). Era mia profonda convinzione (e lo è tuttora) che io,
nella mia veste di consigliere comunale del paese natio, dovessi rappresentare,
con spirito di servizio, in scienza e coscienza, come si suole dire, le istanze
della gente comune che mi trovavo a rappresentare.
Capii però da subito che i miei colleghi del Comitato di Gestione
non erano animati dalla mia stessa vocazione e dal mio medesimo spirito di
servizio.
Naturalmente non ebbi mai prove delle malefatte che i miei
colleghi del Comitato Gestione probabilmente fecero a mia insaputa. Io posso
dire a mia discolpa che non ero soltanto ingenuo e onesto, ma che credevo
davvero nella riforma sanitaria e mi consideravo lì per lavorare al fine di
realizzare gli obiettivi della riforma del 1978: una migliore sanità per tutti
i cittadini, i malati e gli utenti. Ebbi però sentore che qualcosa accadeva
dietro le quinte. Ad esempio, se piombavo all’improvviso nel bel mezzo di una
riunione informale, mi accorgevo che i miei colleghi cambiavano repentinamente
argomento e leggevo l’imbarazzo nel loro viso. Di lì a poco il ciclone di Mani
Pulite li avrebbe spazzati tutti via, insieme alla Prima Repubblica, anche se
sinceramente non saprei dire se la Seconda Repubblica sia stata meglio della
Prima.
Insomma, io , un po’ vigliaccamente, dopo tre anni di gestione
della sanità marmillese, diedi le
dimissioni, forse memore di quanto mi aveva consigliato il relatore alla mia
tesi, il compianto internazionalista, prof. Pau di Oristano , quando, poco
prima di laurearmi, nel 1984, gli avevo detto che mi sarei candidato alle
comunali del mio paese, dandomi, per così dire, alla politica: “
Basile, faccia la persona seria!”, fu per l’appunto il suo asciutto
commento.
Dopo essere stato eletto, e dopo aver vissuto l’esperienza di
consigliere comunale (all’opposizione) e di membro del Comitato di Gestione (in
maggioranza) capii il senso profondo di quelle sagge parole. E ogni tanto,
quando assisto al teatrino della politica in TV o sui giornali, ripenso a quel
mio vecchio e saggio professore.
Questo medico della USL di Sanluri, vice coordinatore sanitario,
mi disse che la migliore età per un uomo è quella che va dai trent’anni ai
quarant’anni, quando un uomo è ancora nel pieno vigore fisico e può viverlo nella
piena maturazione intellettuale.
E infatti così mi sentivo in quel frangente della mia vita. E in
quel settennio che mi separava dal compimento del quarantesimo compleanno, dopo
che avevo vinto il mio primo e unico
concorso pubblico (a parte quello per l’abilitazione alla professione di
avvocato, che comunque avevo sostenuto e superato a pieno merito nel 1990), mi
buttai a capofitto in mille iniziative di carattere intellettuale: mi iscrissi
all’università di scienze politiche per prendermi la seconda laurea; tentai di
diventare ricercatore universitario (come avrò modo di narrare in maniera
dettagliata, al paziente lettore, nel
prossimo capitolo); ripresi a studiare le lingue straniere (inglese, spagnolo,
portoghese, francese e arabo); e mi
sentivo un leone in gabbia, voglioso di rompere tutti gli indugi e di superare
ogni ostacolo; niente mi faceva paura e tutto mi sembrava raggiungibile e
perseguibile. E anche con le donne sembravo avere imboccato la strada giusta;
finalmente ero pervenuto a una piena sintonia con l’altro sesso, ciò che
consentiva facilità di approccio e agevoli e disinvolte frequentazioni.
Certo stentavo ancora a entrare nell’ordine di idee di
intraprendere una storia seria e matura, illudendomi che fosse possibile vivere
in maniera indolore delle storie superficiali e passeggere, all’insegna del
puro piacere fisico.
Così è la gioventù e tali sono le nostre illusioni. Ma come
faremmo a vivere senza sogni e senza illusioni?
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