Il teatrino della politica, al quale stiamo assistendo anche in questi giorni, in materia di immigrazione , mi ricorda, in una certa misura, le rappresentazioni che facevano certi film degli anni sessanta della lotta che vedeva opposti i buoni e prodi americani ai selvaggi e cattivi Indiani d’America, ben prima che questi venissero rivalutati da un cinema più attento e intelligente, sulle ali dei grossi sensi di colpa che hanno fatto emergere le loro ragioni, al di là delle apparenze.
Ebbene, in questi film dozzinali della mia infanzia, gli Indiani venivano rappresentati come dei selvaggi idolatri, aggressivi, sporchi e inaffidabili, mentre gli americani erano “i nostri”, i giusti, quelli che intervenivano al momento giusto per rimettere le cose a posto.
Era facile per noi bambini identificarci e solidarizzare con i cow-boys e con i soldati americani e, di conseguenza, schierarci contro gli Indiani.
Cosa non può distorcere, la rappresentazione di una verità voluta, ancorché fallace e fuorviante, nella mente semplice di un ingenuo ragazzo!?
Che cosa c’era che non andava in quelle rappresentazioni filmate hollywoodiane?
E’ molto agevole rispondere: esse ricreavano una situazione, immediata e contingente, in cui era facile leggere da che parte stesse il torto e da quale la ragione.
Era sufficiente, a titolo d’esempio, mostrare degli Indiani ululanti e rabbiosi, in assetto di guerra, incendiare un forte, assalire dei coloni, rapire o peggio uccidere con selvaggia ferocia delle donne e dei bambini inermi, per scatenare nello spettatore ingenuo e impreparato (ma quale bambino non lo è?) lo sdegno e il desiderio di un intervento riparatore.
Lo stesso accade, se ci badate, nell’odierno teatrino della politica, in materia di immigrazione, anche se la rappresentazione è assai più sfumata e complessa.
Lo schema di base, tuttavia, è identico: nella rappresentazione di una certa parte politica, ci vogliono mostrare da un lato gli invasori, i cattivoni, i selvaggi; dall’altro ci sono “i nostri”, i salvatori, i giusti.
I politici di parte avversa, nella loro rappresentazione, utilizzano lo stesso schema: da un lato ci mostrano i cattivoni libici, quelli dei campi di concentramento che si accaniscono contro gli inermi migranti; dall’altro ci solo loro, i rescuers, i nuovi salvatori della patria, le ONG filantrope che salvano gli inermi dalle grinfie del mare malvagio.
Entrambe le rappresentazioni sono fallaci e ingannevoli, anche se possono contenere, se non altro, qualche verità contingente.
Il loro inganno, la loro fallacità sta nella parzialità della rappresentazione; rappresentano cioè soltanto un segmento di verità, estrapolato dal complesso del problema, dalle radici, dalla realtà più complessa e complessiva.
A seconda del suo orientamento politico, l’ingenuo spettatore non può non schierarsi con i buoni di turno.
Così è automatico per uno di sinistra, schierarsi con le ONG contro gli aguzzini del mare e i trafficanti di uomini; e per uno di destra non ci sono dubbi che occorra impedire agli invasori neri (pakistani invaders li chiamava qualcuno a Londra, tempo fa) di insediarsi in Italia, con le loro credenze esotiche e le loro consuetudini antieuropee e anticristiane.
Ma nelle rappresentazioni semplicistiche, parziali e superficiali, alle quali non è estranea certamente un’informazione televisiva sbrigativa e sommaria, non emergono gli esatti e netti contorni della realtà.
Per esempio: ma chi ha portato questi disperati in Libia? E perché? Se l’Italia e l’Europa hanno bisogno di manodopera e di operai per le loro campagne e per le loro industrie, non ci sono altre vie per fare arrivare soltanto quelli di cui si ha veramente bisogno e le loro famiglie ? (E che ce ne sia bisogno, non c’è dubbio; la stessa destra di Berlusconi e Bossi, fece anni fa un condono per 600.000 clandestini già inseriti come operai nelle industrie del Nord, su pressione dei loro sodali di Confindustria).
E ancora: queste ONG, cosa ci guadagnano a pattugliare il mare in cerca di naufraghi da salvare? Chi sono? Chi paga la loro organizzazione? E perchè? Abbiamo il diritto di sapere da chi vengono finanziate?
Ma davvero dobbiamo prendercela con questi poveri disgraziati e non, invece, con i governanti dei diversi stati del mondo (in primis quelli italiani) per questa situazione?
E poi mi piacerebbe chiedere: dove sono le ricchezze prodotte dalle risorse naturali dell’Africa? Dove sono i profitti delle industrie delocalizzate dall’Europa e insediate in Africa e in Asia?
E i profitti della globalizzazione che se li sta incamerando?
E infine (ma solo per paura di tirarla troppo alle lunghe): ma il nostro dovere di salvare le vite umane, si limita a quei disperati che hanno la forza e i soldi per incamminarsi e imbarcarsi verso le nostre coste? E gli altri? Quelli che rimangono a morire di stenti e di guerra in Africa? Quelli non contano?
Nessuno vuole capire che gli immigrati che approdano nelle nostre coste sono soltanto la punta di un iceberg?
Insomma, fermo restando il dovere di salvare le vite umane, siano esse in mare, siano esse inchiodate in Africa o in Asia, o dovunque si soffra e si muoia a causa di guerre e carestie, io mi rifiuto di parteggiare per gli Indiani o per i Cow-boys e pretendo una visione più ampia e completa del problema.
E’ troppo chiedere ai nostri politici e ai mezzi di informazione che essi controllano di fare chiarezza?
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