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venerdì 17 giugno 2022

Il commissario De Candia indaga-14

 

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Ripresero l’auto e a un certo punto della strada provinciale imboccarono una strada secondaria che portava, secondo le indicazioni stradali,  alle grotte de ‘Su Mannau’. Lì, in mezzo ai boschi, c’era il ristorante a cui si riferiva il commissario.

«Speriamo che sia aperto!» esclamò l’avvocato Levi appena l’auto fu parcheggiata all’ombra di alcuni possenti alberi.

Tutt’attorno, a vista d’occhio, non si vedevano altro che lecci, olivastri e macchia mediterranea.

«Tranquilla! Ho prenotato sin da ieri sera» disse il commissario.

In effetti erano attesi. Il titolare in persona li accompagnò a un tavolino già apparecchiato. Da lì potevano godere del paesaggio selvaggio che li circondava.

Scelsero un menù di mare, innaffiato con un ottimo vino bianco paglierino. Il commissario notò che Luisa non aveva perso il piacere di mangiare, né quello di accompagnare i suoi pasti con un buon bicchiere di vino. Non era frequente trovare in una donna entrambe le abitudini. O forse era lui che aveva conosciuto, soprattutto in casa sua, soltanto donne praticamente astemie e schifiltose nel mangiare, cui facevano da contrappunto uomini dalle buone forchette e dai gomiti snodati. Insomma era un piacere stare a tavola con quella donna, che in più era anche un’ottima conversatrice.  

Quando giunsero in vista di Buggerru era già pomeriggio inoltrato. Con il suo fuoristrada il commissario si inerpicò senza troppe difficoltà su un promontorio roccioso in cima al quale la loro vista dominava la baia di Cala Domestica.

Lì si fermarono a lungo e in silenzio, persi nei loro pensieri. E mentre Amàlia Rodrigues cantava i suoi strali di sofferenza, le loro anime si fusero in quella Saudade malinconica, pervase da quel languore fisico che solo il Fado, il Flamenco, il Blues e certe Canzoni Napoletane, nelle loro diverse e struggenti varianti, sanno dare. E quel silenzio li unì più di  tutte le storie che si erano raccontati dalla partenza, durante il viaggio nelle miniere, fino al ristorante, a ridosso delle antiche gallerie. Forse le loro storie incombevano e si calavano in quel silenzio e, attraverso i loro sensi, si proiettavano nel paesaggio circostante, frusciando tra cisti e ginepri, accarezzando olivastri e corbezzoli, appianando sino al mare della costa verde, dopo avere sfiorato i faraglioni, le falesie e le  torri spagnole che un tempo avevano difeso quelle coste dalle incursioni dei Saraceni.

Dopo che  il sole si fu  immerso nel mare, in cielo apparve una luce, quasi all’improvviso.

«Guarda com’è lucente e vicina!» disse Luisa Levi indicando quella luce sopra l’orizzonte.

«Dev’essere…»

«Venere!» concluse lei, precedendolo.

Lui si voltò a guardarla. Quella luce, quel nome, quella parola che lei aveva pronunciato, quasi leggendogli nel pensiero,  gli avevano  suscitato all’improvviso una trepidazione e un’emozione che ritrovò magicamente negli occhi di lei.

Rimasero così, a guardarsi negli occhi, per un lungo istante, stupiti di se stessi e della loro tenera trepidazione. Non dissero altro. Si baciarono a lungo. Poi i loro corpi si cercarono, con un’attrazione che gli spazi ridotti dell’auto sembrarono rendere perfino più forte e irresistibile.

Fu un’esplosione di passione, sotto la luce sempre più forte di Venere, mentre fuori il concerto dell’avi fauna e il frusciare del vento nella flora selvaggia,  accompagnava i loro sospiri e la danza dei loro corpi, fusi nel magico ripetersi di un atto, apparentemente sempre uguale, come il perpetuarsi della specie,  eppure  sempre diverso, come differenti sono le occasioni e le emozioni che culminano nell’amore.

 

 

sabato 14 maggio 2022

Le indagini del commissario Santiago De Candia-19

 


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Capitolo Sesto

 

 

Il mercoledì successivo, mentre rientrava a casa dalla passeggiata nel Parco di Monte Urpinu, il commissario De Candia ricevette una telefonata.  La voce di Luisa, sempre calda e piacevole, gli comunicò di essere finalmente in possesso della chiave della cassaforte a muro della casa dell’omicidio, quella di quel ragazzo con il coltello insanguinato in mano.

 «Luisa, pensi che ci sia ancora la corrente elettrica in funzione?»

«Non lo so se qualcuno ha chiesto l’interruzione dell’energia elettrica. Io sono ancora a studio.»

«Allora rimandiamo a domani. Anche se io ho il rientro pomeridiano fino alle 18:00, ma a quell’ora c’è ancora luce e volendo potrei uscire anche un po’ prima.»

«Beh, io posso chiudere lo studio verso le 17:00 visto che non ho appuntamenti fissati dopo quell’ora.»

Si diedero appuntamento direttamente in via Giudicessa Adelasia per le 18:30, dopo i convenevoli di routine.

Santiago De Candia si chiese se un simile sopralluogo, effettuato con l’avvocato difensore dell’unico indiziato, fosse corretto da un punto di vista professionale. L’esame di procedura penale lo aveva sostenuto, all’università, parecchi anni prima e non ricordava, in quel momento, quale fosse l’esatto iter procedurale da rispettare. Considerò tra sé e sé che, per prima cosa, l’indiziato era stato comunque rimesso in libertà dal Tribunale. Poi, l’avvocato si era offerta di dare una mano per identificare il vero colpevole. E infine, per evitare complicazioni, non avrebbe mai fatto figurare ufficialmente quel sopralluogo. ‘Quod non est in actis, non est in mundo’, avrebbe detto il suo valido collaboratore, l’ispettore Zuddas. Dopo tutto, in coscienza, lui sapeva di non compromettere le sue indagini. Anzi, l’aiuto dell’avvocato Levi sembrava costituire persino un valore aggiunto per la soluzione del caso.

Il commissario aveva ripensato molto alla giornata di domenica. Da quando era morta la moglie, più di cinque prima, non aveva avuto storie particolarmente coinvolgenti. Soltanto Luisa lo aveva in qualche modo conquistato. Non era soltanto un’attrazione fisica, anche se l’avvocato Levi aveva un corpo sodo accompagnato da una intelligenza vivace come piaceva a lui. In realtà quella donna esercitava su di lui un fascino indefinibile. Da un lato, materno con quella sua avvolgente sicurezza femminile e quel suo seno florido e prosperoso. Però, sentiva che quella professionista abile e caparbia fosse alla ricerca, come tante donne, di un punto di riferimento o di un centro di stabilità. La sua sicurezza e la sua grinta erano autentiche, solide e profonde ma, non di meno, egli intuiva che la sua femminilità avesse bisogno di un elemento di completamento che non sconfinasse e non collidesse con la rivalità professionale e il confronto quotidiano e continuo. D’altronde, non era forse uguale per gli uomini? Non cercavano anch’essi una figura femminile che li completasse, dando loro stabilità, protezione, affetto?

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