last moon

martedì 25 dicembre 2018

London for ever - 35


Chapter IX

A very nice snack bar

In my work place, on Monday, after the Sunday rest, there was always a big mess. Even that Monday, I had a great deal on putting  everything back in order, as it liked me and  was my duty to be done. When I finished it was   almost midday. 

I had  usually lunch  with a  sandwich and a cappuccino. 

In London to find a snack bar where you can have a quick meal at noon is almost easier than  find a pub where to drink  a pint of beer. Provided that one does not want to join meal and beer in a Public House. 

My digestive system, to be honest, has  always recommend me to  frequent pubs only in the evenings, avoiding strictly to have there any kind of meal, especially if in the form of hot dish. 

Certain  Anglo-Saxon names, albeit seemingly to have an edible, bombastic euphony,  may conceal seriously unpleasant  surprises, such as some kind of animal innards, which in normal pastafoglia casings are located vaguely with  colorful vegetables,  cooked and mixed with approximately and squishy sauces, and have a really  indefinable taste and almost  unsustainable smell. 

These snacks, I say, are typically owned by Italian immigrants, not necessarily  men from the south of Italy.
Many of them  left the Italy at the time of the Great War,to escape conscription first and then misery; others in the following  two decades, because of fascism and clumsy arrogance of the royal Italian bureaucracy, which had ended up succumbing to the reasons of the Fascist State. As a matter of fact these nationalist reasons had no connection to men and transcended their  individual needs and rights,  ending for  sacrificeing, paradoxically, even that of the free private initiative, the true soul of the entrepreneurs who had savagely opposed the occupation of factories and the unrest in the streets, which was indeed the   prelude to the takeover of power by the fascist ideology. 

And the more that stood out in comparison with the efficient, impartial and careful administration of British society, always willingly glad  to welcome into it smanufacturing background  those managerial  Italians traders, so keenly skillful  in the restaurant business in a particular way. 

And of  Italy they kept that idea a bit unreal and mythical in their remembrances ,  more due  to  their distant and nostalgic fantasy than the  now unknown reality. And if now, the financial viability of their assets in pounds sterling, suddenly get the memory of past miseries,the veil of nostalgic left however only filter those idealistic visions that the passage of time makes the most idyllic and remote. 

Such memories of first generation immigrants sometimes pull them  to attempt a risky and most frequently, traumatic return, while their children and grandchildren, British born or raised there, misguided by the stereotypes of British press about the mafia, on corruption and the disasters of Italian Finance (all partial true rather than absolute of a reality far more complex and multifaceted), preferred to think of Italy as a place of special holidays, to be  decanted with exotic tones coming back to their new Country, together and apart from the inevitable comments on dysfunction of public and private services, small and large cheating of a people still convinced to be  still under the yoke of Spanish Bourbon Royals or even Austro-Hungarian, culinary delights, the artistic and natural beauties (perhaps abandoned to themselves), led by the iconoclastic Napolitanean  of sun, pizza and sea. 

I mean in this snack-bar down the road I could grab a quickbite and a tea in a short time, in order to be quickly back at work, with roads that soon  would be filled with people around the lunch-time and multiple other purposes. 

In my way to the snack I met Mickle, a funny man already in his seventies, a native of Kent who, pulling  his umbrellas ‘ cart, had started  his  slow praising chant,  among the general indifference of passers-bies. 

I don't know how or why, but whenever I met him in the street with his cart, it always happened that the sky was obscured following a  copious rain, within an hour or  maybe two. So much so,  that someone, perhaps a colleague in the Company, whose interests and profits were evident in inverse proportion to rain and bad weather,  had once  suggested that I would dash through touching  wood . His fame as a jinx, real or alleged it might be, was increased by the fact that he used to  wore black suits; furthermore  he was  always dark on his face, black were his eyes and, despite his age, even his  hair were black. 


35. to be continued...

mercoledì 5 dicembre 2018

Memorie di scuola - Volume Secondo



Io credo che ogni generazione subisca le influenze del suo tempo e dell’ambiente in cui cresce e matura le sue esperienze. Queste influenze, a metà con i caratteri biologici iscritti nel nostro DNA, determinano gli eventi della nostra vita; o ciò che noi chiamiamo destino.
Io  appartengo a una generazione che ha vissuto su un piano strettamente spirituale, filosofico e culturale, la grande stagione della rivoluzione del 1968,  mentre sul piano materiale ha subito, sempre negli anni sessanta, l’influenza del boom economico.
Ma al contrario di ciò che è successo in altri paesi europei e negli Stati Uniti, in Italia il ’68 non è durato soltanto  una stagione. 
In Francia, ad esempio, il  movimento ‘ 68 si spense, ironia della sorte, l'anno seguente, in coincidenza con la caduta politica di De Gaulle; in Gran Bretagna le classi politiche dirigenti, con i Lords in testa, memori di quanto successo ai nobili  nel 1798 e nel 1848, preferirono cedere alcuni privilegi e fare delle concessioni, al fine di perpetuare le loro rendite parassitarie; e così accadde anche in altri paesi europei di più antico lignaggio. 
L’ Italia, che aveva compiuto da poco i suoi 100 anni di unità politica, reagì diversamente e le cose presero un’altra piega. Non saprei dire il perché e questa, in fondo, non è neppure la sede adatta per fare un’analisi di quei motivi.
Posso e debbo dire però che il movimento rivoluzionario italiano del '68 si trascinò per almeno un altro decennio.
In questo lasso di tempo non tutti quelli che avevano conosciuto il ’68 proseguirono a fare i rivoluzionari. Anzi, una buona parte dei giovani rampanti ribelli, finita la frenesia che elettrizzava l’aria in quel magico anno, finirono per cedere alle sirene del boom economico e del consumismo che ne era derivato.
Gli altri, quelli che la ribellione ce l’avevano nel sangue, proseguirono ancora per qualche anno, senza mollare di un solo centimetro nei confronti del potere formalista e borghese al quale avevano dichiarato guerra . Ma una parte di loro si accorse presto che si trattava di una battaglia persa in partenza e, a un certo punto, abbandonarono il campo cercando di dimenticare la delusione della cocente sconfitta,  chi alla ricerca di una carriera alternativa, chi nei tortuosi sentieri della droga, chi fuggendo lontano.
Soltanto gli irriducibili restarono sul campo e imbracciando le armi vere combatterono  la loro rivoluzione fatta di illusioni e di teorie astratte, elaborate da filosofi sognatori,  frutto di pensieri malati, fondate sul nulla. Tanto ciò è vero che il loro assunto di base, la dittatura del proletariato, mancò proprio di quello che doveva essere l’autore principale e l’interprete della vittoriosa e gloriosa rivoluzione: il proletariato.
In  nome di queste teorie astruse, questi intellettuali malati di megalomania e di protagonismo storico (compagni che sbagliano, li chiamò troppo benevolmente qualcuno),  disseminarono il terrore per tutta l’Italia, proclamando in deliranti comunicati l’avvento di improbabili vittorie e chiamando alla rivolta un popolo inesistente e comunque indisponibile a seguirli in quella strada insanguinata di autentica violenza intrisa di vani sogni e deliquio.
E finirono per divenire gli zimbelli di quei capitalisti e imperialisti tanto odiati, come avvenne nella triste vicenda di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse che conclusero la loro ingloriosa carriera dando  compimento a un disegno criminale,  che proprio i servizi segreti deviati italoamericani,  avevano ordito in odio al presidente della Democrazia Cristiana, reo soltanto di essere un politico intelligente e coraggioso, che aveva compreso che l’Italia poteva salvarsi spezzando l’accerchiamento in cui i  sovietici e gli americani avevano intrappolato la sua amata patria.
Ma per rendere onore all’altra America, quella dei poeti della beat generation e dei figli dei fiori, vorrei  evidenziare come le   radici della grande rivoluzione del 1968 affondino anche in quel grande paese e in quegli intellettuali,  poeti e sognatori che, anziché perseguire la violenza, propugnarono una rivoluzione pacifica che alla violenza del potere di Washington oppose il profumo e la bellezza dei fiori di San Francisco.
Siamo debitori di  quei  pensatori americani che con le loro immaginifiche visioni hanno inneggiato a un mondo di pace e fratellanza, a una società che ripudiasse la guerra, a un consorzio umano universale che congiungesse la saggezza  millenaria  dell’oriente con l’organizzazione tecnologica dell’occidente, in un progetto di condivisione delle risorse umane e delle ricchezze della terra che ripudiasse ogni egoismo, ogni prevaricazione nazionalitaria e populista, oggi, purtroppo tornate di moda. 
E in questo mio inno di grazie non posso e non voglio tralasciare neanche gli intellettuali europei come Jean Paul Sartre, Herbert Marcuse, Bertrand Russell, George Orwell, Aldous Huxley e tanti altri che qui mi scuso di dimenticare.
continua...

Leggi il  testo integrale del primo volume di "Memorie di scuola" di Ignazio Salvatore Basile,  acquistando on line(c/o Mondadori store, Feltrinelli, IBS, Libreria Universitaria, Amazon ecc.) oppure in libreria il volume edito da Youcanprint ISBN 9788827845486. Il romanzo è disponibile anche in formato e-book nel sito della casa tramite il link sottostante.